Elezioni 2013: analisi del voto - Lista Monti
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Elezioni 2013: analisi del voto - Lista Monti

Il fallimento del 'Professore', amato dai poteri forti, ma lontano dalla realtà e dagli elettori - i risultati -

Nove febbraio 2012. Mario Monti atterra negli Stati Uniti e viene accolto meglio di un novello Cristoforo Colombo. New York Times, Economist, Washington Post lo esaltano e competono per ottenere un suo editoriale. Barack Obama gli apre, ammirante, le porte della Casa Bianca. Una decina tra gli amministratori delegati delle più importanti multinazionali si mettono in fila per incontrarlo. Mentre l’invito più cercato dalle élite americane è a cena col Professore nella stupenda Villa Firenze, sede dell’Ambasciata italiana. Un trionfo, insomma.
Venticinque febbraio 2013. Monti consulta i primi exit poll delle elezioni italiane. Sono inferiori alle aspettative, il risultato è tra il modesto e il modestissimo, la sua coalizione è marginale in Parlamento e nel Paese.
Il Professore immaginava per sé percentuali ben diverse. Il Nord, il suo Nord, non ha risposto. E il quarto posto tra i candidati premier, finanche dopo Beppe Grillo, risulta grottesco. Monti è stordito. Ha appena scoperto di essere stato visionario. Lui, sempre così attaccato, fin troppo, alla realtà, ha ceduto all’immaginazione una sola volta nella vita. Lo ricorderà per sempre.
Il fatto è che il premier uscente ha commesso degli errori da dilettante allo sbaraglio. Anzitutto, a dicembre, «salendo in politica», ha sopravvalutato la sua popolarità; credeva di poter essere addirittura maggioranza nel Paese. Eppure pezzi importanti di élite italiane - da Corrado Passera in giù - avevano intuito da tempo che il popolo-elettore non amava Monti. Solo lui stesso e pochi altri inconsapevoli (compresa parte della stampa nazionale) non se n’erano accorti. Succede quando si frequentano i salotti buoni e si scansano gli autobus di linea. Fosse salito su un tram almeno una volta in dodici mesi, il Professore si sarebbe accorto che l’italiano medio dissentiva da lui e dal suo governo tecnico, peraltro composto da ministri di una modestia, anche accademica, imbarazzante (vedi il caso-esodati, e non solo).

Non solo: a Monti è mancato pure il senso politico generale. Ormai il Paese è a grandi linee bipolare, il centro è un ricordo da Prima Repubblica, punto e basta. Fuori da destra e sinistra, resta uno spazio abbondante soltanto per gli anti-sistema, gli arrabbiati alla Grillo, che però - causa recessione - sono arrabbiati principalmente con lo stesso Monti.    
L’errore più grave resta comunque quello di essersi alleato con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, i più antichi residenti nel parlamento italiano. Il Professore si proponeva come il nuovo, ma così si è ammuffito in un nanosecondo. Non serve aggiungere altro.
Resta solo da analizzare il dato strettamente psicologico, che esula da tutte le cose spiegate finora. La sensazione è che Monti sia finito in una spirale simile a quella degli uomini che scoprono il sesso solo a una certa età: perdono il senso della realtà. Lui, invece del sesso, ha scoperto la politica. Ma si è fatto male comunque.

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Carlo Puca