Egitto: se la rivolta è contro Morsi
Islamisti e liberali si scontrano sul decreto che aumenta i poteri del Presidente egiziano
Quando Mubarak proclamò le leggi di emergenza, promise che sarebbero rimaste in vigore solo pochi giorni. Sono state abolite soltanto qualche mese fa. Non c’è quindi da stupirsi se migliaia di egiziani sono scesi in piazza per contestare la decisione di Mohamad Morsi di revocare, sia pure temporaneamente, alcuni poteri che competevano all’autorità giudiziaria.
Nei prossimi mesi la magistratura egiziana non potrà nè esaminare le leggi che sono state approvate dopo l’elezione del nuovo Premier egiziano nè imporre l’annullamento delle norme più controverse. Inoltre, le nuove disposizioni di legge impediscono a qualsiasi Corte di giustizia di dissolvere l’Assemblea Costituente o il Parlamento. È una decisione molto importante, poiché impedisce alla Magistratura di delegittimare il lavoro della Commissione incaricata di scrivere la nuova Costituzione, composta quasi esclusivamente da islamisti.
Il presidente egiziano ha spiegato di avere preso queste decisioni per difendere la rivoluzione da chi cerca di sabotarla. Gli indiziati sono i foloul, uomini legati al vecchio regime, tuttora presenti all’interno delle istituzioni egiziane. Molti personaggi legati all’ex premier Mubarak occupano ancora posizioni importanti all’interno dei media e della magistratura ed esercitano la propria influenza per limitare i poteri di Morsi ed indebolire il movimento rivoluzionario. Infine, una parte dei membri dell’autorità giudiziaria ha una concezione dello Stato laica e liberale, lontana dall’ideologia islamista del nuovo Presidente.
Non c’è perciò da stupirsi che tanti egiziani, soprattutto islamisti, vogliano credere che serva un uomo forte per eliminare ciò che rimane del vecchio regime. L’Egitto è in un periodo di crisi economica e incertezza. Non pochi egiziani sognano un tiranno buono e timorato di Dio che conservi un vasto potere per alcuni mesi e lo eserciti con compassione, senza ledere i diritti e la dignità dei cittadini egiziani, come aveva fatto Mubarak.
Gli islamisti sono stati capaci di convincere un buon numero di persone che opporsi alla decisione di Morsi equivalga a proclamarsi sostenitori del vecchio regime. È un discorso semplicistico e non veritiero, ma convincente per molti egiziani. Nonostante la piazza sia composta soprattutto dai ragazzi che hanno fatto la rivoluzione, questa è una spiegazione più comprensibile per i cittadini meno educati, una lettura degli eventi più facile da capire rispetto alle complicate dissertazioni sulla necessità di protestare per difendere la divisione dei poteri nella Costituzione.
Non tutti però sono convinti che Morsi abbia davvero intenzione di conservare il potere per un periodo di tempo limitato e c’è chi accusa il Presidente di perseguire un disegno autoritario. La Fratellanza Islamica ha ormai creato una solida struttura di potere, che viene percepita da diversi liberali come il vero ostacolo al completamento della rivoluzione.
I liberali si sentono esclusi dalla vita politica del Paese, nonostante siano stati gli artefici della rivoluzione, e lamentano di non aver potuto partecipare alla stesura della nuova Costituzione. La bozza della nuova Carta fondamentale egiziana non è un compromesso tra le diverse anime di questo Paese, ma è un documento scritto dagli islamisti. Per questo motivo diversi laici hanno abbandonato la Commissione costituzionale e non possono far altro che cercare di ottenere un cambiamento della situazione politica attraverso la protesta popolare.
Questo clima ha determinato una profonda divisione tra liberali ed islamisti. Il confronto politico è ormai degenerato in scontro tra membri di diversi gruppi politici ed è probabile che la situazione possa cambiare soltanto se Mursi ritirerà il decreto o lo modificherà. La debole democrazia egiziana rischia una pericolosa svolta autoritaria e sono in tanti a chiedersi se i ragazzi uccisi nei mesi scorsi non siano morti invano.