Egitto, parla un militare: "Non è un golpe"
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Egitto, parla un militare: "Non è un golpe"

Ecco come i soldati e le loro famiglie difendono il "non colpo di stato"

"Ma quale golpe, non si tratta di un colpo di stato". Parola di Mostafa, egiziano, militare di professione. E non uno qualsiasi: lui è un ufficiale in prima linea oggi come ieri, ai tempi di Moubarack, l'ex presidente costretto alle dimissioni l'11 febbraio 2011, in seguito alla cosiddetta "primavera araba".

Allora piazza Tahrir, al Cairo, divenne luogo simbolo della rivolta contro quello che era il raìs egiziano che per trent'anni ha tenuto le redini del Paese. L'annuncio delle sue dimissioni, dato dal vicepresidente Sulayman, fu accolto da urla di giubilo. Oggi piazza Tahrir è invece piena di mezzi militari, divise, ma anche donne e bambini, "che ogni giorno vi si recano solo per celebrare le proprie forze armate" spiega Amal, moglie di Mohamed. E proprio qui sta il punto: perchè lo fanno? Perchè festeggiano un colpo di stato, mentre buona parte della comunità internazionale (Usa e Germania soprattutto) mostrano preoccupazione?

"Ma nient'affatto, non si tratta di un golpe" spiega Amal, le cui bambine, nelle ore precedenti alla destituzione dell'ormai ex presidente Morsi, mostravano i loro volti innocenti e sorridenti, mentre tenevano un cartello con il viso dello stesso Morsi con sopra una "X" rossa. Qui non si parla di golpa, ma di rivoluzione civile. Qui in molti pensano che solo ora si stia restituendo democrazia al Paese. Lo dimostrano i cartelli messi a punto in quattro e quattr'otto per spiegare al mondo cosa sta succedendo. Su uno di questi, indirizzato esplicitamente agli americani, si legge: "When terrorist kill you or your beloved ones, don't get angry with them. But rather, be angry with your governmetn which supports them". Insomma, l'obiettivo erano i terroristi, il modo per fermarli è stato quello di fermare il governo che li sosteneva.

Non solo. In rete, con l'hashtag "Not_a_coup" girano altri chiarimenti: "Coup: a sudden, violent and illegal seizure of power from a government. The civilians made a revolution and the army responded". Non un golpe, dunque, ma una rivoluzione partita dal popolo e a cui l'esercito ha dato supporto. La gioia della popolazione Al Cairo, in queste ore, sembrerebbe confermare questo diverso punto di vista, così lontano da quello occidentale che segue l'evolversi della situazione. "Qui, ora, non siamo in pericolo - racconta ancora Amal, incoraggiata dal marito - Sono i media che danno l'idea che noi ci troviamo in una gran brutta situazione, ma non è così".

Da giorni i militari erano pronti ad intervenire. Lunedì, poi, l'ultimatum lanciato a Morsi, con 48 ore di tempo "per rispondere alle richieste del popolo". Poi l'azione, alla quale è seguita una grande festa di piazza. A respingere l'idea che l'Egitto ora si trovi sull'orlo di una guerra civile è anche El Baradei, direttore generale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) fino al 2009 e leader del partito di opposizione Al Dostour. Lui, che ha sostenuto i principi della Rivoluzione egiziana del 2011, si poi candidato alle presidenziali, perdendo contro Morsi, e da allora guida il Fronte di Salvezza Nazionale contro i decreti dell'ex presidente Morsi. Da martedì 2 luglio è stato indicato come colui che dovrà stendere una road mapche deciderà il futuro dell'Egitto: "Non farò il presidente" ha chiarito in queste ore alla Cnn, confermando anche lui che quello avvenuto non è stato un colpo di stato. "La situazione è ciritca, ma milioni di persone sono scese in piazza a protestare, non solo i carri armati" ha detto El Baradei, secondo il quale l'intervento delle forze armate è stato necessario per evitare una guerra civile.

Insomma, la sensazione è che per buona parte della popolazione, e certamente per le forze armate, quella appena accaduta sia una vera e propria dimostrazione. Lo confermano, ancora una volta, le parole di Mostafa: "Ringrazio l'Egitto per aver mostrato al mondo come fare a sbarazzarsi del loro signore delle marionette". Sono in molti a pensare che con Morsi l'Egitto si stesse allontanado dal mondo "occidentale", come dimostrano pagine Facebook come quelle sorte nelle ultime ore e che già contano migliaia di "Like": è il caso di "If you love Egypt support it by visiting it", che elogia l'intervento dei soldati. "Ci stavano e ci siamo impoveriti" conferma Mohamed, un altro militare impegnato nella "rivoluzione civile", che aggiunge: "Stavamo rendendo la vita difficile ai turisti, ovvero la nostra principale fonte di sviluppo economico, per colpa della svolta integralista dei Fratelli musulmani". E ora, cosa succederà? Come reagiranno proprio i Fratelli musulmani? Per ora si attende, ma di certo loro, i militari, sono decisi a non retrocedere di un passo da piazza Tahrir e dal loro "non golpe"

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Eleonora Lorusso