Yahoo!, la strategia di Marissa Mayer funziona. Durerà?
Economia

Yahoo!, la strategia di Marissa Mayer funziona. Durerà?

I dati dell’ultima trimestrale premiano le scelte del nuovo Ceo, ma la strada è ancora lunga

Vero, quello che segue è un esercizio di bassa ironia, ma è probabile che nel leggere i conti dell’ultima trimestrale, Marissa Mayer abbia esclamato: «Yahoo!». E non per ricordare a se stessa il nome dell’azienda che ormai guida da sei mesi in mezzo a critiche, sospetti e dubbi sulle sue capacità di tenuta, ma proprio in segno di pura, liberatoria esultanza. Perché i ricavi un po' sono aumentati passando dagli 1,32 miliardi di fine 2011 agli 1,35 miliardi di fine 2012 per un giro d’affari, al netto delle voci straordinarie, salito del 4 per cento rispetto allo scorso anno. Ma soprattutto, e forse questa è la soddisfazione principale del Ceo ex Google, ha superato le aspettative degli analisti e ha ottenuto un riconoscimento immediato con un'impennata del titolo a Wall Street. Titolo che, peraltro, ha guadagnato il 30 per cento da quando, a luglio, la Mayer ha preso le redini del colosso in declino.

Perché in fondo la storia recente di Yahoo! la conoscono un po’ tutti: ex motore di ricerca per eccellenza, ex portale dei record per la pluralità di servizi in grado di offrire ai suoi utenti, ha perso terreno e blasone mentre la concorrenza si faceva sempre più abile e varia. Da qui una rovinosa caduta in termini di profitti oltre che di autorevolezza e un valzer di poltrone che più che alla leggerezza o al pressappochismo ha fatto gridare alla schizofrenia. Ecco, la Mayer è sembrata l’ultima carta possibile, la più ardita - è, nei fatti, un'ingegnere - ma forse la più sensata. Ha fatto quello che un manager quadrato, e per necessità spietato, doveva fare: ha tagliato, chiuso, dismesso, alleggerito. Ma ha anche infuso un clima nuovo, di fiducia e di rinnovamento, che strategie finanziarie a parte è il sale, anzi il pepe, per la ripresa di un’azienda.

Via da Alibaba, portale cinese dell’e-commerce, che nella scorsa trimestrale ha portato in cassa quasi 3 provvidenziali miliardi di dollari. E poi, e così si riassume tutta la strategia della Mayer, la voglia di puntare forte su quello che Yahoo! sa fare meglio: i contenuti. Esatto, sempre loro. Anche abbassando la testa, anche non pretendendo per forza che il suo portale sia l’unico punto di riferimento per accedervi. Più umiltà, maggiore concretezza e senso pratico. Stringendo partnership strategiche, mettendo forte l’accento sul mondo mobile che è quello in grado oggi di canalizzare enormi quantità di traffico. Tutto troppo vago? Precisiamo. Se guardiamo il meteo o leggiamo l’andamento della borsa sul nostro iPhone, diamo un attimo un’occhiata al logo in basso a sinistra. Esatto, le informazioni arrivano da Yahoo!. E il gioco si ripete con numerose aziende, portali e servizi terzi che si abbeverano alla fonte di Marissa Mayer per avere informazioni belle e pronte da veicolare.

Oltre ai servizi forniti a terzi, comunque, l’azienda ha un patrimonio di utenti diretti non indifferenti: 702 milioni di visitatori unici ogni mese e 200 milioni che entrano da dispositivi mobili. Il caso di scuola di Facebook, e il suo iniziale clamoroso flop in borsa per l’ineguatezza di gestire il flusso e veicolare la necessaria pubblicità, dimostra (ancora una volta, sebbene ormai è persino superfluo rimarcarlo) quanto tablet, smartphone e affini siano oggi più cruciali dei vecchi desktop. La Mayer lo sa bene e infatti è decisa a battere forte su questo tasto. Lo dice in modo cristallino: «La cosa buona di Yahoo! è che abbiamo tutti i contenuti che la gente vuole sul suo telefonino. Sono per loro un’abitudine quotidiana. Se fornisci un’abitudine quotidiana, vuol dire che c’è un’opportunità per creare un grande business».

Insomma, il potenziale esiste ed è enorme, il punto vero è riuscire a monetizzarlo in modo profittevole e degno, non deludente per chi deve decidere se investire o meno in una ex certezza che oggi è una scommessa. Ecco, la tenuta della ricetta Mayer è tutta qui: banalmente, nella capacità di battere la strada su cui si è avviata e di cui ha percepito le opportunità. Senza trascurare i rischi, anzi il rischio principe: la concorrenza spietata. Del suo grande ex (lavorativamente parlando, s'intende), quel Google numero uno incontrastato e fornitore di una galassia di servizi altrettanto all’altezza – dalla posta, alle notizie, fino alle foto – con il vantaggio non da poco di avere un sistema operativo mobile proprietario che è il numero uno al mondo e che dunque può modulare, almeno nell’offerta dei servizi di base, come meglio preferisce. Ma anche il peso specifico di Facebook non può essere minimamente sottostimato: mentre Marissa Mayer ci dice che tempo fa, Mark Zuckerberg può sapere di che umore siamo e che cosa ci piace ogni giorno. Una vuole far business con un'abitudine, l'altro può farlo con un capriccio del momento. La differenza è evidente.

Twitter: @marmorello

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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