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Economia

Web tax, come funziona e chi dovrà pagare

Nella legge di stabilità la norma per tassare le imprese che vendono servizi online nel nostro Paese

Nel grande calderone di emendamenti che in questi giorni si stanno facendo strada all’interno della nuova legge di stabilità, non poteva di certo mancare quello riguardante la web tax. L’idea infatti di racimolare un po’ di gettito fiscale dalle attività online non è certo una novità, e già in anni passati ci si era provato.

Ma vediamo allora nel dettaglio cosa prevede questo nuovo provvedimento che in queste ore ha acceso il dibattito in Commissione Bilancio del Senato, dove si sta mettendo a punto la manovra finanziaria che presto dovrà arrivare in Aula per il voto decisivo.

Stabile organizzazione

Tutte le imprese, siano esse grandi player di Internet senza stabile organizzazione nel nostro Paese, che normali aziende nostrane, dal primo gennaio 2019 saranno tenute a pagare un'imposta del 6% sulle transazioni digitali.

Attenzione però, perché la discriminante fondamentale è proprio rappresentata dalla stabile organizzazione, e siccome le imprese italiane per questa voce già pagano l'Irap, allora per esse la web tax si trasformerà in credito d'imposta.

Inoltre, saranno del tutto escluse dal pagamento della nuova imposta le imprese agricole e tutti quei soggetti, come dice testualmente l'emendamento approvato, "che hanno aderito al regime forfetario o al regime di vantaggio per i contribuenti di minore dimensione".

Gettito e sostituti d'imposta

Secondo le stime molto approssimative circolate in Commissione Bilancio del Senato, la nuova web tax, così come concepita, dovrebbe produrre, a regime, un gettito stimabile attualmente in circa 114 milioni di euro.

A raccogliere il tesoretto in questione, a fungere cioè da sostituti d'imposta, dovranno essere le banche e qualsiasi altro intermediario finanziario. Un punto della nuova legge questo molto controverso, e che non è escluso che possa essere cambiato nel successivo passaggio della legge di stabilità alla Camera de deputati.

Non è una novità

La web tax, non sarebbe, come già accennato, una novità. Già nel 2013 infatti, quando era in carica il governo di Enrico Letta, ne fu approvata una versione che il successivo premier Matteo Renzi si affrettò ad abolire. Decisione, che l’ex presidente del Consiglio giustificò con l’impegno di emanare appunto dal 2017 una nuova digital tax.

Effetti positivi

Di certo l’introduzione di una tassa che vada ad incidere su tutta una serie di attività online, non potrà che portare benefici alle nostre casse pubbliche. Resta da stabilire però quali potranno essere gli effetti distorsivi di un tale provvedimento, del quale, come detto, a stento si è riusciti per il momento a stabilire un eventuale gettito.

Effetti negativi

Il rischio, ventilato fin da quando si cominciò negli anni scorsi a parlare di questa tassa, è quello di rimanere isolati nel panorama internazionale. Secondo qualcuno infatti la nuova tassa andrebbe introdotta, ma con attenzione, per evitare che si trasformi in un boomerang se nel frattempo non si registrasse consenso da parte degli altri Paesi. Una circiostanza che attualmente sembra più a portata di mano, da quando anche a livello di Unione europea si è cominciato seriamente a parlare proprio di web tax.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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