Unione bancaria, cosa cambia dopo l'intesa a Bruxelles
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Economia

Unione bancaria, cosa cambia dopo l'intesa a Bruxelles

Vigilanza accentrata e un fondo unico continentale per salvare gli istituti in difficoltà. Ecco i contenuti di un accordo definito “storico” dal ministro Saccomanni

“Un accordo di portata storica”. Così il ministro dell'economia, Fabrizio Saccomanni, ha definito l'intesa raggiunta a Bruxelles, dopo 12 ore di trattativa, per creare una Unione Bancaria europea che cambierà profondamente il settore del credito nel Vecchio Continente. Ecco, nel dettaglio, cosa cambierà.

L'UNIONE BANCARIA IN EUROPA

GLI OBIETTIVI

Lo scopo dell'intesa appena raggiunta è quella di creare in Europa un sistema bancario solido e omogeneo, unificando a livello continentale le attività di vigilanza sugli istituti di credito. Il secondo obiettivo è quello di spezzare il legame che, negli ultimi anni, si è creato tra i crack bancari e i debiti sovrani. In altre parole, si vuole evitare che gli stati siano costretti, con l'indebitamento pubblico, a effettuare operazioni di salvataggio dei grandi gruppi creditizi, facendo pagare il conto ai contribuenti.

VIGILANZA UNICA

Le attività di controllo sui 130 maggiori gruppi bancari europei verranno concentrate in capo a un singolo organismo, il Single supervisory mechanism (Ssm). Nella fase iniziale, questa funzione di vigilanza sarà esercitata dalla Banca Centrale Europea (Bce), con un'apposita divisione, rigidamente separata da quella principale, che si occupa invece di tassi d'interesse e di politica monetaria. L'Ssm applicherà in tutto il continente delle regole comuni per la valutazione del patrimonio delle banche e della qualità degli attivi che possiedono (asset quality review).

SALVATAGGI UGUALI PER TUTTI

In tutta l'area Euro (ma anche nei paesi Ue), verrà creato un unico meccanismo per salvare o ristrutturare le banche in difficoltà. Si chiamerà Single Resolution Mechanism (Srm) e sarà un organismo governato dai rappresentanti dei singoli paesi dell'Unione. Tuttavia, è ancora da stabilire nel dettaglio la governance dell'Srm, poiché dovranno probabilmente essere assegnati “pesi diversi” a ciascuna nazione, in rapporto al contributo che dà al bilancio dell'Eurozona.

IL FONDO SALVA-BANCHE

La novità più significativa dell'accordo consiste nella creazione di un fondo unico europeo che servirà per finanziare i salvataggi delle banche. Si chiamerà Single Resolution Fund (Srf) ed entrerà a regime in maniera graduale. Inizialmente, verranno creati fondi diversi nei singoli stati nazionali. Entro il 2025, però, le risorse confluiranno in un unico organismo che sarà finanziato con gli accantonamenti effettuati dalle stesse banche, svolgerà una funzione di “mutuo soccorso”e dovrebbe raggiungere una dotazione di 55 miliardi di euro nell'arco di un decennio. Va ricordato, però, che l'Srf interverrà entro certi limiti, fissati al 5% degli asset (cioè degli attivi patrimoniali) di una banca in difficoltà. Un' ulteriore quota di perdite (fino all'8% degli asset) dovrà invece essere coperta dai creditori dell'istituto in fase di dissesto. Si tratta, nello specifico, degli azionisti, dei detentori di obbligazioni subordinate (cioè quelle più rischiose) ai quali si aggiungeranno forse anche i possessori di conti correnti (solo per la parte di giacenze che supera il limite di 100mila euro) e gli obbligazionisti senior (che oggi godono invece di maggiori garanzie in caso di fallimento della banca) .

L'INTERVENTO DEGLI STATI

Nella fase transitoria di nascita dell'Unione Bancaria, è previsto anche un parziale intervento degli stati nazionali (backstop) nel caso in cui le dotazioni del fondo Srf non fossero sufficienti a riparare al crack di un istituto. Le modalità di questo intervento sono ancora da definire nel dettaglio. Un'ipotesi è che vengano utilizzate le risorse in arrivo direttamente dai singoli paesi o quelle dell'European Stability Mechanism (Esm), l'ex-fondo salva-stati che si alimenta con soldi pubblici dei membri di Eurolandia. Oppure, il fondo salva-banche potrebbe godere delle garanzie dei governi, che gli consentirebbero di ottenere dei prestiti-ponte per effettuare qualche operazione di salvataggio, se i soldi che ha a disposizione non bastassero.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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