UniCredit: le cose da sapere su crisi e ricapitalizzazione
ANSA / MATTEO BAZZI
Economia

UniCredit: le cose da sapere su crisi e ricapitalizzazione

Perché la banca guidata da Jean Pierre Mustier è da giorni nel mirino della speculazione e dovrà chiedere altri soldi al mercato

Hanno bruciato ancora del capitale”. Nella battuta di un trader raccolta nel primo pomeriggio dall'agenzia Reuters, c'è la sintesi del giudizio che il mercato ha espresso oggi su UniCredit, la banca italiana con il più vasto respiro internazionale, che ha appena presentato i dati di bilancio semestrali e che da giorni è al centro della bufera. Lo è dall'inizio della settimana, cioè da quando sono riprese le contrattazioni di borsa dopo i risultati degli stress test, gli esami con cui l'autorità bancaria europea Eba (venerdì scorso) ha passato ai raggi X i bilanci e i patrimoni dei maggiori istituti di credito continentali. All'inizio sembrava andato tutto bene ma poi, a bocce ferme, a partire da lunedì, i mercati hanno emesso la loro sentenza: non hanno gradito l'esito degli stress test per UniCredit e pensano che la banca, essendo sottocapitalizzata, sarà presto costretta a fare una maxi-iniezione di liquidità, vendendo delle partecipazioni strategiche come quella nella controllata-gioiello Fineco o chiedendo soldi sul mercato con l'emissione di nuove azioni.

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Eppure, i dati di Unicredit presentati oggi non sembrano affatto cattivi, almeno a prima vista. I ricavi del gruppo sono cresciuti del 12,1% su base trimestrale, raggiungendo i 6,1 miliardi di euro. L'utile netto, invece, si è attestato a 687 milioni di euro ed è risultato superiore alle stime degli analisti che si aspettavano profitti per 664 milioni. Altri 130 milioni di utile netto straordinario sono poi stati generati dalla plusvalenza ottenuta da UniCredit vendendo alcuni asset, in particolare la partecipazione detenuta in Visa Europe. E allora perché, viene da chiedersi, anche oggi il titolo della banca guidata da Jean pierre Mustier perde quasi il 3% a Piazza Affari? La risposta, in sintesi, l'ha data proprio quel trader interpellato dalla Reuters che, ancor prima di soffermarsi sugli utili e i ricavi, ha guardato un indicatore: il Cet 1, (common equity tier 1 ) il coefficiente espresso in termini percentuali che misura la solidità di un istituto di credito. Nel trimestre marzo-giugno, il Cet 1 di Unicredit è sceso ancora, passando dal 10,85% al 10,33%. Considerando le recenti cessioni fatte dalla banca (che ha deciso di vendere il 10% di Fineco e della controllata Bank Pekao), il Cet 1 sale leggermente al 10,53% ma resta pur sempre inferiore a quello di 3 mesi fa.


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Il patrimonio di UniCredit, insomma, risulta un po' meno solido rispetto a marzo. Per questo, oggi nella comunità finanziaria risaltano ancor di più i risultati degli stress test di venerdì scorso, che hanno calcolato cosa accadrebbe al patrimonio delle banche in uno scenario avverso, caratterizzato per esempio da uno shock nell'economia e nei mercati finanziari. Di fronte a questa eventualità, il cet 1 di UniCredit scenderebbe al 7,1%, tre punti percentuali sotto quello della ben più solida concorrente Intesa Sanpaolo e oltre mezzo punto sotto quello della tanto “vituperata” Deutsche Bank, che ha i bilanci pieni zeppi di prodotti derivati. Gli stress test di venerdì scorso e anche i dati di bilancio presentati oggi, insomma, hanno detto che Unicredit ha bisogno di una nuova iniezione di capitale entro fine anno, stimata nell'ordine di 8,5 miliardi di euro circa da diversi analisti come quelli di Banca Imi. Per ricapitalizzarsi, UniCredit dovrà ovviamente emettere nuove azioni sul mercato. E dovrà emetterle a un prezzo inevitabilmente di favore, se vorrà avere la fila degli investitori pronti ad acquistarli. Per questo, anche oggi le azioni della banca soffrono a Piazza Affari, dopo aver perso ben il 70% in 12 mesi. La comunità finanziaria ha già infatti quasi la certezza che, prima della fine del 2016, una montagna di nuovi titoli UniCredit arriverà sul listino con valori davvero a buon mercato. Meglio dunque venderli oggi e magari ricomprarli quando costeranno molto meno.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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