Da Uber a McDonald's: le virtù della concorrenza
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Economia

Da Uber a McDonald's: le virtù della concorrenza

La protesta europea dei tassisti insegna che la concorrenza non può essere frenata, soprattutto se la se la partita si gioca sul piano di efficienza e affidabilità

Meno di due settimane fa hanno scioperato i dipendenti di McDonald's per chiedere un salario minimo più adeguato al costo della vita dei paesi in cui sono stati assunti. Una manciata di giorni fa hanno scioperato i tassisti di tutta Europa per ribellarsi a quelle che definiscono forme di "trasporto abusivo" che si stanno diffondendo in nel Vecchio Continente (e non solo), e in particolare contro Uber, la app Made in Usa che permette di prenotare e pagare una corsa (a prezzi ragionevoli) su una berlina da "noleggio con conducente".

E' la seconda "protesta internazionale" organizzata in pochissimo tempo. Un dettaglio che testimonia come la globalizzazione sia riuscita a creare maggiore uniformità anche per quel che riguarda i problemi delle varie nazioni del mondo. Eppure, anche se per motivi diversi queste manifestazioni senza confini sembrano destinate a fallire (perché l'implementazione di un salario minimo globale è inconcepibile, oltre che controproducente per chi risiede in paesi sviluppati dove il costo della vita è alto, e perché frenare la concorrenza oggi è impossibile), ci sono tanti buoni motivi per cui è utile mettere in relazione le priorità dei protagonisti di questi due scioperi globali.

Partiamo da Uber. Per quanto fastidioso possa sembrare (per i tassisti, perché dal punto di vista dei clienti la situazione è ben diversa), scendere a patti con la concorrenza, per quanto difficile e doloroso possa essere, soprattutto in termini economici, è necessario. I mercati chiusi e troppo ingessati non possono più sopravvivere a lungo, e se si ha la possibilità di scegliere, meglio raggiungere un modus vivendi stabile con gli avversari quando stanno ancora muovendo i primi passi su un particolare mercato che dopo. Perché se si aspetta troppo si rischia di esserne schiacciati.

Facciamo un esempio: in Italia ci si è sempre lamentati, più a sud che al nord, della maleducazione di tanti tassisti, delle loro macchine spesso rovinare e un po' sporche, dell'abitudine di alcuni a optare per itinerari più lunghi del necessario solo per intascare qualche euro in più, o delle lunghe attese perché le vetture disponibili sono sempre troppo poche. Una situazione di questo tipo evidenzia un forte deficit nel mercato dei trasporti con conducente, che naturalmente qualcuno ha deciso di sfruttare. Dagli Stati Uniti è arrivato Uber, ma in altre nazioni, come l'Australia, sono stati studiati (o copiati?) sistemi simili, e funzionano. Perché le nuove compagnie hanno puntato soprattutto sulle principali cause di insoddisfazione evidenzate dai clienti nel loro settore.

Lasciare le cose come stavano avrebbe portato, nel lungo periodo, all'implosione di questo mercato. I miglioramenti introdotti dalla concorrenza, invece, lo hanno rilanciato. Ma è ovvio che i vecchi operatori, soprattutto quelli meno efficienti, sonno stati costretti ad adattarsi. Lasciando al cliente, nei rari casi in cui questa trasformazione ha funzionato, la libertà di scegliere quale servizio utilizzare. Ma se mentre i tassisti scioperano i conducenti di Uber rinunciano alla loro commissione per controbilanciare le tariffe più alte causate dal traffico e dalle deviazioni cui lo sciopero li costringe, vuol dire che qualcosa non funziona. Ma vuol dire anche che i clienti continueranno a preferire Uber per si loro spostamenti. Se le auto chiamate tramite app saranno sempre più pulite e più puntuali è ovvio che, anche dovendole pagare un po' di più, rimarranno le più richieste per molti. Così come è ovvio che, a parità di servizio, i clienti sceglieranno sempre l'opzione più economica, ovvero quella dei taxi. A conferma che lo spazio per loro esiste ancora, ma va riconquistato. E non con lo sciopero, ma con un miglioramento netto del servizio.

E in tutto questo il salario minimo cosa centra? Ecco, potremmo considerarlo una sorta di campanello d'allarme in grado di aiutarci a distinguere tra concorrenza leale e aggressiva. Se i salari (o le tariffe) scendono troppo e chi opera nel settore davvero non ce la fa vuol dire che la concorrenza ha avuto un effetto negativo sul mercato, mentre se la partita si gioca sul piano di efficienza e affidabilità, allora la competizione dovrebbe essere sempre benvenuta. Anche in questo caso, per capire la differenza basta un esempio. In Australia sono comparsi in questi giorni i "taxi" UberX. Si prenotano con una app, e si vantano di avere tariffe molto più basse di quelle dei taxi. Il problema però è che possono permettersi di offrirle solo perché fanno guidare a conducenti improvvisati auto non autorizzate per il trasporto passeggeri. Insomma, nulla di legale, e il governo è subito intervenuto. Le auto della "vera" copia australiana di Uber, invece, possono liberamente circolare. Da quando hanno fatto capolino nelle città principali del paese, però, i taxi non sono entrati in sciopero, ma sono diventati più efficienti e, quando li trovano, i clienti li preferiscono. Sempre.

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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