Allarme Tuc, una mazzata per inquilini e proprietari
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Economia

Allarme Tuc, una mazzata per inquilini e proprietari

Il nuovo tributo sugli immobili prevederebbe aliquote addirittura superiori alla già temuta Tasi

Passata la sorpresa iniziale, legata alla sconcertante introduzione di un nuovo e quanto mai inutile acronimo fiscale, si vanno delineando con maggiore chiarezza le caratteristiche del Tuc, il nuovo Tributo unico comunale che dovrebbe sostituire la vecchia Imu. Ricordiamo, per dovere di cronaca, che la tassa in questione avrebbe l’ambizione di superare la Trise, la nuova imposta locale per ora mai nata, e che il governo aveva deciso di introdurre a partire dal 2014 per inglobare non solo l’Imu, ma anche la Tares, ossia l’imposta sull’immondizia. A questo scopo, la stessa Trise era stata immaginata come la sommatoria di due componenti: la Tasi, che avrebbe riguardato i cosiddetti servizi locali indivisibili, e la Tari, ossia il tributo necessario a coprire appunto le spese di gestione e raccolta dei rifiuti.

IMMOBILI E IMPOSTE, E ORA ARRIVA IL TUC

Ebbene, i dubbi su questo nuovo schema fiscale, hanno riguardato fin dall’inizio la Tasi, che secondo molti avrebbe finito per costare ai contribuenti di più della vecchia Imu. Ora, la nuova soluzione immaginata con il Tuc, se possibile, aggraverebbe ancora di più la situazione, e le ragioni sono presto dette. Innanzitutto, il Tributo unico comunale, non prevede di inglobare l’imposta riguardante la spazzatura, che dunque rimarrebbe un versamento a parte e a sé stante, con tutte le complicazioni di carattere burocratico e amministrativo facilmente immaginabili. Ma il nodo più scottante è legato all’entità dell’esborso a cui potrebbero essere chiamati i contribuenti.

TASI, MA QUANTO CI COSTERAI?

L’emendamento che vorrebbe introdurre il Tuc, e che sarà presto discusso in Senato, recita infatti testualmente: “I soggetti passivi dell’imposta sono: gli utilizzatori a qualsiasi titolo degli immobili con un’aliquota dell’1,5 per mille e i proprietari degli stessi con un’ulteriore aliquota dell’1 per mille, con esclusione, per quest’ultima, delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale”. Esplicitando meglio la terminologia giuridica, ne deduciamo allora che, in ogni caso, proprietari utilizzatori di un immobile, oppure eventuali inquilini, pagheranno l’1,5 per mille. A questa cifra, si aggiungerà un ulteriore 1 per mille dovuto dal proprietario nel caso l’abitazione in questione non risulti prima casa. Quest’ultimo esborso poi, e solo quest’ultimo però, non è dovuto nel caso l’immobile in questione risulti invece proprio abitazione principale.

CASA E TASSE LOCALI, STANGATE IN AGGUATO

Il risultato evidente è che dunque, sia gli inquilini e sia i proprietari di una prima casa in cui dimorano, pagheranno come minimo un 1,5 per mille sull’abitazione in questione. Ebbene, la norma che introduceva la Tasi prevedeva che l’aliquota base fosse invece fissata in questi casi all’1 per mille, con l’opzione, lasciata però ai Comuni, di elevarla fino al 2,5 per mille. La conseguenza più immediata dunque al momento è che, se venisse adottato il Tuc nella forma prevista dall’emendamento sopra citato, per inquilini e proprietari di prima casa ci sarebbe da mettere in conto una bella mazzata, che sarebbe addirittura superiore di uno 0,5 per mille a quella già temuta e prevista dalla Tasi.

TRIBUTI LOCALI, LE SCELTE DEI SINDACI

Sarà il caso che il legislatore intervenga tempestivamente per chiarire questo passaggio, perché non vorremmo che alla fine, in questo valzer impazzito di acronimi e aliquote, a rimetterci siano, come al solito, i contribuenti.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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