Corruzione e tangenti: la Germania peggio dell'Italia
Economia

Corruzione e tangenti: la Germania peggio dell'Italia

La Germania passa per essere un Paese onesto, corretto, inflessibile. Ma i numeri dicono il contrario: l'economia sommersa vale 351 miliardi di euro e le tangenti 250

Essere tedeschi ha un vantaggio: si è sempre dalla parte della ragione. È una certezza che Manfred Weber, capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, aveva stampata in volto quando, replicando al discorso di inaugurazione del semestre di presidenza italiana dell’Europa di Matteo Renzi, gli ha rinfacciato di “chiedere soldi in cambi di riforme. E poi come facciamo ad essere sicuri che le facciate?” Dubbio legittimo, ma non sempre la Germania è quel monolite di etica che si vuol far credere. Ha un’immagine impeccabile e un volto sempre ben rasato, ma la Germania è molto più simile all’Italia di quanto Weber non creda. E lo è in un campo nel quale noi passiamo per specialisti, con un know-how consolidato: la corruzione.

Forse Weber non ricorda un episodio interessante capitato il 15 aprile di quest’anno proprio al Parlamento europeo. Nikolaos Chountis, europarlamentare greco di Syriza (lista Tsipras), riceve dal tedesco Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo e candidato del Pse alla presidenza della Commissione, una risposta che non s’aspettava. Un anno prima la Commissione europea aveva messo nero su bianco che tra i Paesi europei solo la Germania e l’Austria non avevano ancora recepito nel proprio ordinamento né la convenzione anti-corruzione europea né quella dell’Onu. Chountis prende carta e penna per chiedere a Schulz di sapere se l’Europa avesse fatto, o avesse intenzione di fare, pressioni su Berlino perché le adottasse. Voleva anche sapere quali fossero le giustificazioni della Germania per non averlo ancora fatto e se era vero quanto scritto dal settimanale tedesco Der Spiegel e, cioè, che il presidente della Confindustria tedesca, Ulrich Grillo, era coinvolto in una serie di pagamenti di tangenti in Grecia quando era a capo delle società Rheinmetall e Stn Atlas. Dopo un anno la risposta di Schulz è stata lapidaria: l’interrogazione “eccede le competenze della Commissione” quindi è “inaccettabile”.

Se avesse voluto rispondere, Schulz avrebbe dovuto mettere sul banco degli imputati il suo Paese e approfondire verità imbarazzanti. Molto imbarazzanti.

Il sommerso di Berlino

Gli scandali Mose e Expo sembrano confermare la teoria “italiani popolo di mazzettari”. Una teoria che porta dritto dritto verso una specie di autorazzismo che vuole gli italiani “antropologicamente inferiori dal punto di vista etico” rispetto, ad esempio, alla Germania che passa per essere il Paradiso dell’etica pubblica. È così?

Partiamo dai numeri. Uno dei più importanti studi che comparano l’economia sommersa dei Paesi europei viene pubblicato periodicamente a cura della Visa Europe, realizzato dalla società di consulenza internazionale At Kearney, con la supervisione scientifica di Friedrich Schneider, professore all’Università austriaca di Linz e massimo esperto continentale della cosiddetta “shadow economy”. I suoi studi e i suoi saggi sono alla base dei documenti dell’Eurostat e dell’Ocse che si occupano della materia. I risultati dello studio sono qui e il dato più importante è che, in valori assoluti l’economia sommersa tedesca è la più consistente di tutti i Paesi europei: 351 miliardi di euro pari al “nero” di Gran Bretagna, Belgio, Svezia, Irlanda e Austria messe insieme e superiore di circa 20 miliardi al “nero” italiano che è stimato in 333 miliardi. Strano che la Germania passi per essere come l’Eden degli onesti, perché i dati non dicono questo: dicono che  l'economia “non osservata” tedesca è la più grande d'Europa. Per “economia non osservata”, familiarmente chiamata in italiano “nero”, si intende sia l'economia criminale vera e propria sia, soprattutto, l'economia non criminale che sfugge ai controlli (in particolare del fisco) come, ad esempio, il lavoro non regolare, la mancata fatturazione o la sottofatturazione.

Ma prendere i valori assoluti non basta: vanno messi anche in relazione al Prodotto Interno Lordo di un Paese perché è evidente che il 13% di economia sommersa della Finlandia non equivale allo stesso 13% di economia sommersa della Germania: infatti nel primo caso si tratta di appena 26 miliardi di euro e nel secondo di 351. L’Italia, avendo un’economia più piccola di quella tedesca, ha un rapporto sommerso/Pil più alto, cioè il 21% rispetto, appunto, al 13% tedesco. Il rapporto tra economia sommersa e Pil dell'Italia è uno dei più alti e, d’altra parte, gli scandali grandi e piccoli che emergono quotidianamente sono lì a dimostrare che siamo il Paese più corrotto d'Europa mentre la Germania passa per essere popolata da manager e dipendenti pubblici puri come gigli di campo.

Corruzione alla tedesca

Friedrich Schneider (unica fonte presa come riferimento in modo da non fare confusione con altre metodologie di indagine su un tema così difficile da maneggiare) ha valutato anche il peso della corruzione nei vari Paesi europei e il risultato è che, nel 2012, le mazzette tedesche hanno pesato 250 miliardi di euro rispetto ai 280 miliardi dell’Italia. La Corte dei Conti, però, valuta il valore della corruzione italiana in 60 miliardi, non in 280. Peccato, però che il dato dei 60 miliardi sia praticamente inventato perché sono il risultato di una proporzione tra il valore stimato della corruzione mondiale con il Pil italiano. Un esercizio di pura matematica senza nessuna base scientifica, ma che continua ad avere libera circolazione nel dibattito pubblico.

Ma oltre alle statistiche economiche anche quelle giudiziarie, sono interessanti. Secondo un recente rapporto della Commissione europea le denunce per corruzione in Germania nel 2011 sono state 46.795: il triplo rispetto alle 15.746 dell'anno precedente. In Nord-Westafalia i casi sono passati da 6089 del 2010 a 40.894 del 2011. Ovviamente c'è una spiegazione. Se si va a vedere il testo originale del rapporto si scopre che decine di migliaia di denunce riguardano un caso di tangenti che ha coinvolto tutti i dipendenti, civili e militari, di una base militare britannica e che vede coinvolti i dipendenti di una concessionaria automobilistica in due distinti processi. Anche il dato del 2010 (15.746 casi) è influenzato da singoli casi specifici. Bisogna andare al 2009 (quando non ci sono stati casi anomali di corruzione che falsano il dato) per avere un numero affidabile ed è 6.354 denunce e va confrontato con quello del 2012: 8.175. Un bel numero, tantopiù se si considera che mentre le denunce di crimini aumentano, le indagini diminuiscono: dalle 1.813 del 2010 si è passati alle 1.528 del 2011 fino alle 1.373 del 2012.

Passiamo alle condanne: secondo l'Ocse tra marzo 2011 e il marzo 2013 di tutti i procedimenti anti corruzione, 33 sono stati archiviati per mancanza di prove mentre in 21 processi si è arrivati alla condanna nei confronti, complessivamente, di 141 persone. Di queste 141 persone, 43 sono state ritenute colpevoli di corruzione verso funzionari pubblici stranieri e questo significa che, secondo la giustizia tedesca, appena 138 persone in due anni sono state ritenute colpevoli di aver pagato tangenti all'interno della Germania. Un numero ridicolo se si pensa alla stima di Schneider secondo la quale le tangenti in Germania pesano per 250 miliardi ed è ancora più ridicolo se si pensa che in un solo anno, il 2012, le denunce per corruzione sono state, come detto, più di 8mila.

Il confronto con i dati italiani è, a questo punto, d’obbligo. Nel 2011 le denunce per corruzione e concussione e abuso d’ufficio sono state 1820 (1.587 nel 2012, ultimi dati disponibili) mentre le persone condannate per peculato, malversazione, concussione, e corruzione sono state 800. In Italia si denuncia meno, ma si condanna molto di più. Come mai?

Il rapporto della Commissione Europea sulla corruzione sembra mettere in relazione abbastanza diretta questa differenza tra denunce (molte) e indagini (poche) in Germania con il fatto che la magistratura tedesca, a differenza di quella italiana, è soggetta al potere politico. In alcuni specifici casi, infatti, il ministero della Giustizia di Berlino ha il diritto di “istruire” il magistrato titolare di un’inchiesta su come condurre le indagini e su quale particolare concentrare le sue attenzioni. E’, quindi, possibile che i magistrati tedeschi siano indirizzati dal governo a trascurare i casi di corruzione per concentrarsi su altri reati. E non sembra che questo stato di cose scandalizzi più di tanto i magistrati stessi: solo il 50% di essi, infatti, vorrebbe l’abolizione del potere di indirizzo delle indagini da parte del governo.

Certo, quasi tutti gli indici di corruzione, stando al rapporto della Ue, sono migliori rispetto alla media europea, ma il rapporto fa notare che l'Ocse ha più volte chiesto alla Germania di rendere esecutive le sentenze (poche) che ricadono sotto il reato di corruzione visto che “la maggior parte delle sentenze vengono sospese”. Strano, è la stessa accusa che si rivolge all'Italia. Per di più il Greco, Group of States Against Corruption, nel suo rapporto sulla Germania del novembre del 2012, ha criticato il paese di Frau Merkel per le sue regole di finanziamento ai partiti poco rigorose (rafforzate nel 2013), per la corruzione dei parlamentari e per gli scarsi progressi nell'adozione delle raccomandazioni dell'organizzazione.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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