Skf group, tecniche di guida per la crescita
Economia

Skf group, tecniche di guida per la crescita

Il numero uno della multinazionale Usa dice: tagliare dove serve senza rinunciare agli investimenti

"Se Alonso riuscirà a vincere ancora in Formula1, non sarà solo perché accelera sempre. Deve anche saper frenare, quando serve". Tom Johnstone, esuberante scozzese alla guida mondiale di Skf Group, usa un’immagine automobilistica per rappresentare la situazione in cui si trovano oggi le imprese. In gara, fermi non si può restare. Ma a stare sempre con il piede sull’acceleratore si va certamente fuori strada. Importante è capire dove e quando frenare. Detto in altri termini, tagliare i costi non significa rinunciare a investire e crescere. Un problema che in questo momento è in attesa di soluzione sul tavolo del governo e di moltissime aziende.

Per cominciare ad affrontarlo va evitato lo scivolone nella spirale tagli-calo del fatturato-nuovi tagli-perdita di quote di mercato-altri tagli. Il risultato garantito è il declino dell’azienda. In qualche caso persino la scomparsa. Diverso è ragionare su efficienza, produttività, innovazione. Ma davvero, non solo per slogan, con una visione che vada oltre la semestrale e senza alibi. Certo, a guardare la serie storica dell’Ocse dal 2000 balza agli occhi un andamento contradditorio: cresce il costo del lavoro, ma resta stabile il salario reale.

Tra imprese e lavoratori c’è quindi un terzo incomodo che da tempo ne approfitta. Ed è lo Stato. L’effetto è evidente: Pil e produttività barcollano da tempo, tendenti al basso. Siamo la maglia nera della produttività tra i Paesi occidentali, dice l’Ocse. Ma non perché lavoriamo poco. Semmai perché lavoriamo male. O neanche ci domandiamo se potremmo lavorare meglio. Perché abbiamo dato per scontate troppe cose, tante cattive abitudini, molte convenienze inconfessabili. "Non è la prima volta che l’industria manifatturiera è di fronte a un cambiamento", osserva il professor Giulio Sapelli, uno dei maggiori storici dell’industria a livello europeo. "Ma questa volta è più profondo, più veloce, direi intimo".

"Anche in tempi difficili ci sono molte opportunità", sostiene ancora Johnstone dall’alto dei suoi 7,5 miliardi di fatturato, impianti in 130 Paesi e 45 mila dipendenti. In Italia Skf, leader mondiale per i cuscinetti ma comunque protagonista nelle soluzioni per l’efficienza in fabbrica, ha 8 stabilimenti con 3.800 dipendenti e ha appena investito 5 milioni di euro per la nuova sede della Solution Factory a Moncalieri. Una fabbrica delle soluzioni, appunto, dove gli ingegneri non progettano prodotti ma soluzioni per far rendere di più e meglio il cuore dell’industria: le macchine. "È un modello di efficienza che è possibile traferire altrove", dicono i manager Skf con orgoglio.

Anche perché la Factory italiana è stata la seconda dopo quella della casa madre a Gotenborg e fa da “benchmark”, insomma è il riferimento, per tutte le altre 17 del network internazionale. Un’eccellenza italiana, seppure sostenuta da una multinazionale svedese. Costretta a frenare di fronte al rallentamento dell’industria automobilistica europea, suo grande cliente (e gli effetti si vedranno nel comprensorio di Airasca, sulla via per Pinerolo). Ma pronta ad accelerare per rifocalizzare il business sui servizi. E offrire una via nuova all’efficienza e alla produttività.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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