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Economia

Sigarette elettroniche: i tre motivi per cui il business funziona

A dieci anni dall’approvazione della Legge Sirchia, l’industria del tabacco corteggia l’alternativa elettronica. Vincente grazie a: introduzione del bando sul fumo, preoccupazioni per la salute ed esigenze di risparmio

Le fumano Robert Pattinson e Uma Thurman. Ma anche Leonardo di Caprio, Britney Spears e Kate Moss. Insieme a loro, un numero crescente di persone in tutto il mondo accende sigarette elettroniche. E in Italia, a dieci anni dall’approvazione della Legge Sirchia il cui anniversario ricorre proprio oggi, è boom.

Secondo l’Huffington Post , le ragioni del successo delle sigarette elettroniche sono sostanzialmente tre: l’introduzione del bando sul fumo, le preoccupazioni delle persone per la propria salute e la crisi che fa cercare modi per risparmiare.

La britannica Ecca, E-Cigarette Consumer Association , stima che la crescita del settore sia vicina al 50% annuo e se un rallentamento ci sarà, non avverrà prima del 2014. In pratica, si tratta di un mercato che vale da dieci a 70 milioni di sterline, con 650mila utenti affezionati e oltre due milioni di fumatori che le hanno provate.

In Italia, il comparto delle sigarette elettroniche vale circa cento milioni di euro e dà lavoro a 1500 persone, indotto escluso. In media, ogni settimana aprono venti nuovi negozi dedicati e sono già un migliaio quelli dove si possono comprare le nuove sigarette. Per Doxa, che ha lavorato per l’Istituto Superiore di Sanità, il 20% dei fumatori italiani (circa il 20% della popolazione) figura fra i consumatori potenziali delle sigarette digitali.

Fra questi, ci sono molti giovani, conferma Gianluca Neri, imprenditore della rete che ha dato vita a Silk.it, un sito che ha in programma di lavorare in tandem con la grande distribuzione per la vendita di sigarette elettroniche: "Inizialmente, pensavo che i clienti fossero soprattutto di profilo socio-demografico elevato per età, ma scopro sempre più giovani che cercano il piacere della sigaretta, senza le sostanze nocive".

Negli Stati Uniti, il comparto delle sigarette a infusione di nicotina potrebbe arrivare a toccare un miliardo di dollari nel prossimo triennio, una crescita esponenziale rispetto ai 300 milioni di dollari del giro d’affari del 2012, secondo di dati di Wells Fargo & Co, riportati da Bloomberg .

Dati che sono una goccia a confronto con i cento miliardi di dollari dell’industria del tabacco. Ma il novello Davide ha i numeri per insidiare il primato di Golia. “Le sigarette elettroniche stanno all’industria del tabacco come gli energy drink stavano alle bevande gassate – ha fatto notare al New York Times Bonnie Herzog, analista di Wells Fargo – Una piccola categoria che è cresciuta rapidamente, grazie a rivenditori e consumatori”.  E poi, si sa come stia andando .

Uno studio americano stima che il 2,7% degli americani abbia provato le sigarette elettroniche nel 2010. L’anno prima, era solo lo 0,6%. Secondo Tobacco Vapor Electronic Cigarette Association, gli adepti americani della sigaretta elettronica sono già più di 3,5 milioni. Le multinazionali del tabacco, dunque, iniziano a misurarsi con il nuovo fenomeno. Altria Group, il più grande venditore di tabacco nel Nord America a cui fa capo il marchio Marlboro, potrebbe comprare Njoy , seguendo l’esempio della rivale Lorillard che ha acquisto Blu Ecigs lo scorso aprile per 135 milioni di dollari.

Il vantaggio competitivo delle nuove sigarette, in realtà, riguarda il posizionamento. Le sigarette elettroniche, infatti, non sono più vendute come un aiuto per smettere di fumare, ma come sigarette vere e proprie che hanno il vantaggio di cadere in una sorta di “area grigia” quando si tratta di regolamentazioni. Attualmente, ha fatto sapere il Financial Times , il settore è quasi completamente non regolato nel Regno Unito.

I produttori di sigarette elettroniche americane, dunque, possono fare pubblicità, cosa vietata alle sigarette tradizionali. E non finisce qui, perchè considerato che l’80% dei fumatori del mondo vive in nazioni dove il reddito è medio-basso, per le multinazionali del tabacco, l’alternativa 2.0 potrebbe contribuire a compensare il calo dei consumi nei mercati occidentali, dove sono soprattutto le persone economicamente benestanti a rinunciare al fumo. Ma possono essere tentate da quello 2.0.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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