Sharing economy: cosa prevede la legge
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Economia

Sharing economy: cosa prevede la legge

Le piattaforme funzioneranno da sostituti d'imposta per i redditi generati dagli utenti e dovranno iscriversi nell’apposito registro. Vigilerà l’AGCM

Presentata lo scorso 27 gennaio, la proposta di legge 3564 bipartisan sulla sharing economy ha iniziato questa settimana l’iter alla Camera. Il testo è in discussione nelle commissioni riunite IX Trasporti e X Attività Produttive.

Battezzata "Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell'economia della condivisione", i primi tre firmatari sono Veronica Tentori (Pd), Antonio Palmieri (Forza Italia) e Ivan Catalano (gruppo Misto).

Ecco, in breve, cosa prevede la proposta di legge.

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Gli obiettivi

Il testo sulla sharing economy mira a regolamentare la gestione e l’utilizzo delle "piattaforme digitali per la condivisione di beni e di servizi" e "fornisce strumenti atti a garantire la trasparenza, l’equità fiscale, la leale concorrenza e la tutela dei consumatori". In Italia, secondo uno studio di Collaboriamo.org e dell’università Cattolica menzionato nell'introduzione alla proposta di legge, a fine 201 si contavano 186 piattaforme collaborative (+34,7 per cento rispetto al 2014). Tra i settori più interessati, ci sono il crowfunding (69 piattaforme), i trasporti (22), i servizi di scambio di beni di consumo (18) e il turismo (17).
 

Definizione

L'articolo 2 definisce l’economia della condivisione come quell’economia "generata dall’allocazione ottimizzata e condivisa delle risorse di spazio, tempo, beni e servizi tramite piattaforme digitali". La legge specifica che "i gestori di tali piattaforme agiscono da abilitatori mettendo in contatto gli utenti e possono offrire servizi di valore aggiunto", che "i beni che generano valore per la piattaforma appartengono agli utenti" e che "tra gestori e utenti non sussiste alcun rapporto di lavoro subordinato". Sono, quindi, escluse "le piattaforme che operano intermediazione in favore di operatori professionali iscritti al registro delle imprese".

Il Regolatore

L’articolo 3 stabilisce che l’AGCM, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, "regola e vigila sull’attività delle piattaforme digitali dell’economa della condivisione" e che presso l’AGCM "è istituito il Registro elettronico nazionale delle piattaforme digitali dell’economia della condivisione" la cui consultazione è gratuita. L’Authority, tra le altre cose, "può prevedere l’obbligo per i gestori di fornire o di richiedere agli utenti operatori (il soggetto privato o pubblico che attraverso la piattaforma digitale opera erogando un servizio o condividendo un proprio bene, ndr) la stipula di polizze assicurative per la copertura dei rischi tipici derivanti dalle attività di economia della condivisione": è il caso, ad esempio, di chi offre un passaggio auto con Blablacar o piattaforme simili.

Documento di politica aziendale

I gestori delle piattaforme digitali devono dotarsi di un documento di politica aziendale, "soggetto al parere vincolante e all’approvazione dell’AGCM", che deve includere tra gli altri punti, "la fissazione di tariffe obbligatorie per gli utenti operatori". Le eventuali "transazioni in denaro operate mediante le piattaforme digitali avvengano esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico". Le piattaforme, inoltre, devono prevedere "modalità di registrazione univoche per tutti gli utenti, atte a evitare la creazione di profili falsi o non riconducibili all’effettivo titolare" con l’obbligo di "indicare le generalità degli utenti e in particolare i dati anagrafici, la residenza e il codice fiscale".

Le tasse

L'articolo 5, quello sulla fiscalità, è forse quelo più delicato: prevede che "il reddito percepito dagli utenti operatori mediante la piattaforma digitale" (denominato reddito da attività di economia della condivisione non professionale) sia "indicato in un’apposita sezione della dichiarazione dei redditi". Fino a 10.000 euro "si applica un’imposta pari al 10 per cento", mentre i redditi superiori a 10.000 euro "sono cumulati con i redditi da lavoro dipendente o da lavoro autonomo e a essi si applica l'aliquota corrispondente". La stima dei firmatari è di passare dagli attuali 150 milioni di euro di gettito fiscale a 3 miliardi entro il 2025.

Sostituto d'imposta

 I gestori, che spesso in Italia hanno solo uffici marketing e commerciali, "operano in relazione ai redditi generati mediante le piattaforme digitali, in qualità di sostituti d’imposta degli utenti operatori"A tale fine, "i gestori aventi sede o residenza all’estero devono dotarsi di una stabile organizzazione in Italia".

Monitoraggio Istat

I gestori delle piattaforme iscritti nel Registro devono comunicare all'Istat "i dati relativi al numero di utenti, alle attività svolte e ai relativi importi, nonché alla tipologia di beni e servizi utilizzati, aggregati su base comunale".

Le sanzioni

Tra le sanzioni previste, le piattaforme digitali non iscritte al Registro rischiano la diffida dell’AGCM che può richiedere la sospensione tempestiva dell’attività fino al perfezionamento dell’iscrizione: chi non rispetta il termine indicato può incorrere in una sanzione amministrativa pecuniaria "fino al 25 per cento del fatturato del periodo durante il quale ha esercitato l’attività in assenza di iscrizione". Rischia una sanzione dall’1 al 10 per cento del fatturato dell’ultimo esercizio il gestore che non rispetta le disposizioni sul documento di politica aziendale (articolo 4).

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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