I sei motivi che hanno permesso all'economia degli Stati Uniti di ricominciare a crescere
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Economia

I sei motivi che hanno permesso all'economia degli Stati Uniti di ricominciare a crescere

Il Pil è aumentato del 4,1 per cento grazie a immigrazione e consumi interni, flessibilità del lavoro, capitali stranieri, spirito imprenditoriale, shale gas e affidabilità del dollaro

Tra luglio e settembre, il Prodotto interno lordo degli Stati Uniti è cresciuto del 4,1 per cento. Un risultato straordinario per un'economia che dovrebbe essere ancora in crisi e, soprattutto, per un paese avanzato che in genere dovrebbe sentirsi più che soddisfatto a fronte di un aumento del tasso di crescita del 2/2,5 per cento, nella consapevolezza di non poter competere, per ragioni economiche e strutturali, con le performances degli emergenti che oscillano tra il 3 e il 7 per cento.

Cosa è successo? Appena un mese fa si parlava di probabile default a fronte di un apparentemente irrisolvibile shutdown, mentre oggi l'economia statunitense non cresce, corre! Come se non bastasse, oltre ad essere l'incremento maggiore dalla fine del 2011, i dati sulla crescita del terzo trimestre hanno subito anche il contraccolpo della decisione della Federal Reserve di ridurre progressivamente la quota di sussidi straordinari fino ad oggi finanziata attraverso acquisti di asset. L'economia a stelle e strisce è passata dal 2,5 per cento del secondo trimestre al 4,1 del terzo. E in attesa di conoscere i dati del quarto, è importante sottolineare che le stime che erano circolate avevano superato di pochissimo il 3,5 per cento. Quindi insomma, che si tratti di un'impennata trainata dal settore privato o da un'esplosione dei consumi interni non importa. Il punto è capire perché si è verificata e se esistono i presupposti per mantenerla costante nel tempo.

Anche se in un primo momento questi dati hanno colto di sorpresa un po' tutti, a posteriori sono tanti gli analisti che hanno individuato almeno sei elementi che spiegano non solo come mai l'America ha all'improvviso ricominciato a crescere, ma anche perché il paese potrebbe davvero aver definitivamente risolto tutti quei problemi che hanno prolungato gli effetti della crisi finanziaria così a lungo. Se queste previsioni verranno confermate dai dati relativi al quarto trimestre del 2013, sarà ancora più facile ipotizzare un prossimo riassestamento degli equilibri economici globali, che risposterebbe il baricentro degli affari dai paesi emergenti (oggi in difficoltà) all'Occidente. Europa esclusa, purtroppo.

1) Le politiche di immigrazione negli Stati Uniti stanno cambiando, e oltre a continuare la sua battaglia a favore della legalizzazione degli stranieri, Washington sta ricominciando ad offrirsi come destinazione ideale anche per i cervelli in fuga, fino a oggi molto proiettati anche verso Svizzera, Canada, Australia ed emergenti. Un buon mix di immigrazione, oltre a mitigare le conseguenze negative di un invecchiamento rapido della popolazione, permette di accumulare tasse e di stimolare i consumi, ed è quindi complessivamente positivo.

2) La crisi economica ha tolto il lavoro a circa due milioni di persone negli Stati Uniti, e anche se molti faticano e inserirsi di nuovo in un mercato che nel frattempo è molto cambiato, è anche vero che un paese dove il tasso di crescita reale del Pil è del 3,5 per cento annuo e quello della produttività del 2,5 anche il tasso di occupazione dovrà crescere almeno dell'1 per cento, vale a dire di circa un milione e mezzo di unità. 

3) Un altro grande vantaggio degli Stati Uniti è legato al fatto di non aver mai perso il suo fortissimo spirito imprenditoriale, che in una situazione positiva come quella attuale contribuisce a dare ulteriore slancio al paese.

4) Flessibilità: a dispetto di quello che potremmo essere indotti a pensare, la crisi economica ha creato maggiore flessibilità in un contesto che già non era particolarmente rigido. Tutelare i lavoratori è importante, ma un mercato del lavoro ingessato come può essere quello europeo impedisce qualsiasi tipo di aggiustamento, e ripresa. Tra ripartire con un salario più basso e non ripartire gli americani hanno scelto la prima ipotesi. E oggi si vedono già i risultati. Del resto, l'economia statunitense negli ultimi sei mesi è cresciuta anche grazie ad esportazioni che hanno progressivamente recuperato competitività a livello globale.  

5) E' ormai chiaro a tutti che il dollaro continuerà ad essere a lungo una valuta affidabile, soprattutto in virtù della recente evoluzione positiva del mercato nazionale. Rimanendo per questo il simbolo tangibile della forza politica, economica e finanziaria degli Stati Uniti.

6) L'indipendenza energetica è ancora lontana, ma se l'America sarà in grado di ridurre in maniera sostanziale la sua dipendenza dall'importazione di risorse non sarà solo più autonoma, ma anche più ricca. 

L'economia americana, quindi, continuerà a crescere e, con la complicità di un rapido aumento della produttività, del suo spirito imprenditoriale, dell'apertura a un'immigrazione selettiva, dello shale gas e dell'indubbia superiorità tecnologica del paese, dovrebbe riuscire a recuperare molta della competitività perduta negli ultimi anni. Dal momento che il denaro si sposta laddove esistono buone opportunità di business, il nuovo dinamismo statunitense non potrà non contribuire ad alimentare il flusso di capitali in entrata, che a loro volta offriranno nuovi stimoli al mercato. Sono questi i motivi che ci portano a concludere che gli Stati Uniti possono ormai considerarsi fuori dalla crisi e di nuovo sulla cresta dell'onda, visto che, nonostante tutto, anche in questi anni di difficoltà, nessun paese ha dimostrato di essere all'altezza di sostituirli

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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