Ryanair chiede 7 milioni per atterrare nello scalo fantasma di Comiso
Economia

Ryanair chiede 7 milioni per atterrare nello scalo fantasma di Comiso

Riapre l’aeroporto ma senza collegamenti assicurati. La compagnia irlandese potrebbe portare 2 milioni di turisti, il costo però è alto

A essere superstiziosi, ci sarebbe da toccare ferro. Giorni fa, consegnando l’agognato certificato di aeroporto alla fu base la Nato di Comiso, il numero uno dell’Enac Vito Riggio, come dire la massima autorità aeronautica italiana, ammoniva: «È uno scalo che nasce esposto a tutte le correnti gelide che investono l’economia e il trasporto aereo. Dovrà stare in piedi con le sue gambe». Poche ore prima lo stesso Riggio faceva un fosco pronostico: «Molti aeroporti italiani falliranno, tranne quelli con un volume di traffico sufficiente». Fatti i debiti scongiuri, giovedì 30 maggio, Comiso è arrivato al taglio del nastro. Là dove negli anni Ottanta c’erano 112 missili nucleari puntati sull’Urss, oggi c’è il quarto aeroporto siciliano, costato 40 milioni di fondi pubblici. A gestirlo una controllata dello scalo di Catania, con il Comune di Comiso socio di minoranza.

Questa, in realtà, è la seconda inaugurazione. La prima risale al 2007, padrino l’allora ministro degli Esteri Massimo D’Alema. Ma il decollo effettivo si era finora impantanato fra ritardi nei lavori, iniziati 8 anni fa, e un’estenuante trattativa per fare pagare allo Stato il conto dei servizi della torre di controllo. Quella trattativa non è andata a buon fine. A metterci una pezza è stata la Regione Siciliana, stanziando i 4,5 milioni utili a pagare i controllori di volo dell’Enav per due anni.

Oggi come nel 2007, però, Comiso inaugura senza collegamenti assicurati. «Per ora avremo solo charter» dice il presidente Rosario Dibennardo, che conta di avviare i primi voli di linea «dall’estate inoltrata. Siamo in trattativa con cinque compagnie» spiega, citando Alitalia, Ryanair, Blu-Express e «altre due low cost». Per atterrare a Comiso, però, le compagnie «vogliono incentivi, come accade in tanti aeroporti». La Ryanair, per esempio, «per portare 2 milioni di passeggeri chiede 7 milioni di euro l’anno. Ma noi, per ora, quei soldi non li abbiamo». La soluzione? Sconti sulle tariffe legati al numero di viaggiatori trasportati subito. E la speranza di rientrare presto nella lista degli scali d’interesse nazionale dove si concentreranno gli investimenti pubblici.

Per un aeroporto che apre, un altro ha appena chiuso: quello di Forlì, rimasto senza voli dopo 77 anni di attività. 

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Alessandra Gerli