Rai, ecco dove si possono tagliare gli sprechi
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Rai, ecco dove si possono tagliare gli sprechi

Il governo chiede a Viale Mazzini risparmi per 150 milioni, che potrebbero arrivare da un giro di vite su stipendi e fiction

Neanche la minaccia, a dire il vero sempre più flebile, di uno sciopero dei dipendenti della Rai sembra aver scalfito la ferma intenzione del governo di imporre ai vertici di Viale Mazzini risparmi interni per 150 milioni di euro. D’altronde non è certo una novità il fatto che in larga parte dell’opinione pubblica la vecchia tv di Stato sia sempre più percepita come un carrozzone dove si annidano sprechi e privilegi.

E così, l’esecutivo Renzi, che pretende di accreditarsi come artefice di un rinnovamento generale della macchina pubblica, non può certo desistere dal proprio obiettivo mentre si appresta a chiedere a tante altre istituzioni statali di fare la propria parte di sacrifici nell'ambito del piano di spending review. Dunque, ai piani alti della Rai, dovranno farsene una ragione, e cominciare a immaginare dove effettuare i tagli richiesti. Eppure non dovrebbe essere così difficile, considerando le tante, troppe voci di spesa superflue che devastano i traballanti conti di Viale Mazzini.

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Stipendi. In Rai lavorano al momento circa 13mila dipendenti, 2mila dei quali con contratto giornalistico, che costano circa un miliardo di euro all’anno. Una pletora di addetti che percepisce in molti casi compensi da capogiro a fronte di un’attività svolta spesso insignificante. Come ogni buon ufficio pubblico che si rispetti infatti, anche nella vecchia tv di Stato, per ogni dipendente che lavora con professionalità, c’è  qualcuno imboscato, messo lì magari dalla politica e che pretende di essere retribuito senza far nulla. E’ ora  che si comprenda, come avvenuto già in altri carrozzoni statali, che è finito il tempo della cuccagna e che anche in Rai non possono più essere tollerati sprechi di questo tipo.

A questo fenomeno si associa poi quello delle retribuzioni di professionalità esterne, che pesano per circa 140 milioni di euro, e la produzione, sempre in esterno, di trasmissioni di successo. E’il caso ad esempio di Che tempo che fa, di Porta a Porta o di Ballarò, che complessivamente comportano una spesa aggiuntiva di circa 200 milioni di euro. Insomma, ricominciare a fare in casa determinati programmi, puntando su professionalità interne che ci sono ma vengono attualmente poco sfruttate, potrebbe rappresentare già un risparmio di risorse considerevole.

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Produzioni. E’un altro dei temi scottanti quando si guardano i conti di Viale Mazzini. Il vero e proprio buco nero è rappresentato dalle fiction. In questo caso i calcoli li ha fatti la Corte dei Conti che ha stabilito in 1,37 milioni di euro il costo medio di una puntata di telefilm targati Rai. E passi pure per serie di successo come Un medico in famiglia o Un posto al sole; il vero problema infatti è rappresentato dalle mini serie, per le quali spesso i prezzi medi a puntata si raddoppiano. Senza contare che, e questo vale anche per telenovele di grande audience, raramente purtroppo le produzioni della nostra tv di Stato sfondano sui mercati esteri. Successi internazionali come quelli della Piovra o del Commissario Montalbano, restano infatti casi molto rari. In questo senso dunque, una revisione profonda dei criteri di produzione della fiction interna, potrebbe portare a vantaggi economici al momento inesistenti.

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Riorganizzazione societaria. Infine, voci autorevoli insistono anche per un riassetto societario dell’intero Gruppo Rai. Scartata l’ipotesi di chiudere qualcuna delle sedi regionali, un’eventualità negata dalla legge stessa che chiede alla Rai tagli per 150 milioni di euro, altre sono le voci sulle quali sarà possibile intervenire. La più accreditata è quella che parla di una cessione delle quote detenute in Rai Way. Questa idea tra l’altro è stata espressamente citata dallo stesso premier Renzi. Certo, il progetto in questione viene indicato come ultima spiaggia nel caso non si riuscissero a contenere i costi complessivi, calcolati in circa 1,5 miliardi di euro, nei modi sopra citati. In ogni caso ormai il dado sembra essere stato tratto e ora dovranno essere i dirigenti di Viale Mazzini a scegliere la via meno dolorosa per portare a casa i 150 milioni di risparmi chiesti dal governo.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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