La Borsa sale, ecco perché non è una buona notizia
ANSA/MATTEO BAZZI
Economia

La Borsa sale, ecco perché non è una buona notizia

Se le banche non investiranno nell'economia reale, impiegheranno l'enorme massa di liquidità proveniente dalla Bce in strumenti finanziari. Bolla in vista?

Ieri la borsa è cresciuta del 2,44% e oggi, in apertura, segna già un più 0,6% (ore 10). Ma non è una buona notizia. Vediamo perché.

L’effetto dell’operazione di Quantitative Easing (QE) decisa ieri dalla Bce guidata da Mario Draghi è quello di riversare una massa impressionante di soldi cash nelle casse delle banche europee in proporzione al peso economico di ogni Paese. Dopo gli applausi a Mario Draghi per essere riuscito a rompere il muro dei nein di Berlino, contraria a questa parziale mutualizzazione del debito degli Stati, bisogna chiedersi che cosa le banche faranno dei 60 miliardi al mese che Draghi, soprattutto attraverso Bankitalia, verserà loro almeno fino a settembre 2016. Hanno due strade. Quella che tutti si aspettano è che, con quei soldi, aumentino il credito verso le imprese e i cittadini, abbassino i tassi d’interesse, già ora bassissimi (si possono trovare mutui casa a meno del 2%) e che, in questo modo, l’economia riparta. Ma c’è anche una seconda possibilità: che quei soldi vengano investiti in altri strumenti finanziari. Se questo succedesse è chiaro che il rischio di una bolla finanziaria sarebbe alto sia per l’ammontare dei soldi che sono in gioco, oltre 1100 miliardi, sia per la scarsa propensione al rischio che hanno le banche italiane. Anche se ci sono eccezioni: l’Unicredit, ad esempio, dei 7,5 miliardi incassati attraverso la vendita di bond nel corso delle precedenti operazioni della Bce, ne ha già distribuiti all’economia reale circa 6.

Il fatto che la borsa cresca così velocemente, che festeggi e faccia aumentare i prezzi fa, però, pensare che gli investitori professionali si attendano che buona parte di quei fondi verranno riversati proprio in Borsa e, quindi si attrezzano, in vista di un ulteriore rialzo dei corsi quando i 60 miliardi promerssi da Draghi inizieranno a fluire nelle casse delle banche, cioè dl prossimo marzo.

Ed ecco il motivo per il quale le riforme in grado di far ripartire l’economia sono essenziali: se le imprese non troveranno terreno fertile per investire, non chiederanno soldi alle banche e le banche, gonfie di miliardi di euro cash, cercheranno, ovviamente, di impiegarli nel modo più redditizio possibile. Le riforme strutturali per rilanciare l’economia sono, quindi, essenziali non solo per far crescere un’occupazione che nei Paesi del Sud Europa è a doppia cifra, ma anche per evitare che, a settembre del 2016, quando, come spera Draghi, l’inflazione sarà al 2%, l'Europa si trovi ad affrontare un problema in più: una bolla finanziaria di difficile gestione.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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