Le previsioni sul pil e l'occupazione di Confindustria
Economia

Le previsioni sul pil e l'occupazione di Confindustria

Il Pil crescerà solo dello 0,2% quest'anno mentre il numero di quanti lavorano calerà ancora

Il Prodotto Interno lordo dell’Italia nel 2014 crescerà di un quarto rispetto a quanto previsto dal governo nel Def: 0,2% rispetto a 0,8%. Lo dice il centro studi della Confindustria al quale ha risposto il vicepresidente del Consiglio, Graziano Delrio: “Per ora siamo fiduciosi sulla nostra previsione di crescita del Pil”, ha detto.

Ma Confindustria, nel suo rapporto sullo stato dell’economia italiana, snocciola altri dati negativi. Uno dei più più importanti riguarda il livello di investimenti fissi lordi che caleranno nel 2014 dello 0,7% rispetto a una discesa del 4,7% fatto registrare nel 2013 e addirittura al crollo dell’8% nel 2012. Per un numero con un "più" davanti bisognerà attendere il 2015  quando gli investimenti delle imprese dovrebbero crescere del 2% e quando anche gli investimenti nell’edilizia dovrebbero riprendersi con una crescita dello 0,8%. Nel frattempo, segnala sempre il rapporto, le persone che hanno perso il posto di lavoro dall’inizio della crisi economica sono un milione ma se si usa il metro delle “unità di lavoro” (Ula) il dato raddoppia. L'"Ula" misura il lavoro di una persona impiegata per un'impresa per un anno intero a tempo pieno, mentre il lavoro di chi è impiegato in un'impresa magari anche per tutto un anno ma non a tempo pieno, viene misurato in frazioni di "Ula". Quindi le persone che hanno perso il lavoro sono 1 milione, ma, appunto, in termini di "unità di lavoro annuo", il dato raddoppia e, anche in questo caso, per attendere un segno più bisogna attendere il 2015 quando il dato sulle "Ula" viene visto in crescita dello 0,4% rispetto ad un calo previsto per quest’anno dello 0,6%. Meno negativo, invece, il dato sui consumi delle famiglie che dovrebbero salire quest’anno dello 0,1% e dello 0,8% l’anno prossimo.

La soluzione di Confindustria? Il rapporto previsionale parla della necessità di “una scossa politica molto forte per riportare l’Italia su un più alto sentiero di sviluppo” senza, però, specificare in che cosa dovrebbe consistere questa “scossa”. Lo stesso presidente dell’associazione degli imprenditori, Giorgio Squinzi, parla di un’Italia che “non è più sull’orlo del baratro” anche perché l’ossessione dello spread “si è diradata” e si è avviato “un ciclo politico di riforme che sembra avere finalmente stabilità”. La ripresa, ha continuato, “è rinviata di alcuni mesi, verso la fine dell’anno. Le banche hanno ricominciato ad intervenire con tassi più sostenibili e ciò dovrebbe aiutare a finanziare le famiglie e le imprese a costi minori”, ma anche se “qualche indicatore congiunturale ha iniziato a girare per il verso giusto, il vero e proprio punto di svolta non è vicino”.

Delrio, dal canto suo, cerca di infondere ottimismo in previsioni che non sono affatto rosee e, parlando dei fondi che l’Europa assegna al nostro Paese, ha detto: “Abbiamo 21 miliardi da spendere entro il 2015, 16 dei quali solo nel Sud” che difficilmente riuscirà ad assorbirli tutti: “Teoricamente è una 'mission impossible', ma se usciamo dalle procedure ordinarie ed entriamo in una procedura di lavori straordinaria, si può fare, e questo vale per Pompei e anche per altri programmi”. Per il futuro, ciè per i prossimi sette anni, tanto dura la programmazione europea per i fondi strutturali, l’Italia dovrebbe avere a disposizione ben 170 miliardi da spendere, significa quasi 25 miliardi di euro l’anno, più di due al mese per sette anni consecutivi. 

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