Popolare di Vicenza, i titoli rischiosi venduti ai risparmiatori
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Economia

Popolare di Vicenza, i titoli rischiosi venduti ai risparmiatori

La vigilanza della Bce ha messo sotto torchio la precedente gestione dell'istituto per aver bidonato i clienti. Ecco come

Una ispezione condotta tra il 26 febbraio e il 3 luglio 2015 e una relazione conclusiva di 103 pagine. A realizzarle, secondo quanto riporta il quotidiano Repubblica, sarebbe stata la struttura di vigilanza della Banca Centrale Europea (Bce) ai danni della Popolare di Vicenza, noto istituto di credito finito sull'orlo del dissesto nei mesi scorsi, dopo la gestione dell'ex-presidente Gianni Zonin e dall'ex-amministratore delegato Samuele Sorato. Secondo le ricostruzioni del noto quotidiano, il precedente management dell'istituto avrebbe venduto a man bassa a 58mila clienti dei prodotti finanziari non adeguati al loro profilo di rischio. In altre parole, un esercito di piccoli risparmiatori a digiuno di finanza (e desiderosi di fare un investimento a capitale garantito) sarebbero stati indotti a sottoscrivere titoli capaci di riempire di perdite il loro portafoglio. Per riuscirci, secondo gli ispettori della Bce, i funzionari della popolare vicentina avrebbero addirittura manomesso o pilotato ad arte le risposte al questionario della Mifid, la direttiva europea sui prodotti finanziari che impone alle banche di tracciare sempre un profilo di ogni cliente-investitore tramite una lunga sfilza di domande, per evitare così di rifilargli degli strumenti finanziari inadeguati.


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Ma quali sono questi prodotti finanziari bidone scovati dalla Bce e piazzati in abbondanza nel portafoglio dei clienti della popoalre vicentina? Non ci vuole molto a capire che si tratta in primis delle obbligazioni e delle azioni emesse nel 2013 e nel 2014 e frutto di un aumento di capitalecon cui il numero di soci della banca veneta è cresciuto di oltre il 57% nell'arco di un solo biennio. Ciò significa che molti clienti che si presentavano allo sportello venivano indotti a comprare, oltre alle obbligazioni della popolare di Vicenza, anche le azioni dello stesso istituto. Peccato però che in pochi, tra i piccoli risparmiatori che hanno acquistato i titoli, fossero davvero consapevoli dei rischi a cui andavano incontro. Per comprenderli, come al solito, occorreva andarsi a leggere la lunga sfilza di avvertenze contenute nei prospetti informativi dei bond e delle azioni depositati presso la Consob, la commissione che vigila sui mercati e sui prodotti finanziari. In occasione dell'aumento di capitale del maggio 2014 (l'ultimo dell'era Zonin) la banca vicentina pubblicò per esempio un prospetto in cui, già nelle prime pagine, si specificava che i titoli di nuova emissione potevano trasformarsi in un bidone.


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“In caso di indebolimento della consistenza patrimoniale dell’emittente e o di modifica delle prospettive circa gli utili futuri della stessa”, recita il prospetto, “il valore economico delle azioni potrebbe subire riduzioni significative, anche al di sotto del Prezzo di Offerta”. In altre parole, si avvertiva il risparmiatore che i titoli erano assai pericolosi. Senza dimenticare, poi, le avvertenze sul rischio di liquidità, connesso al fatto che si trattava di azioni non quotate in borsa. “In sede di disinvestimento, non essendo disponibile un mercato di scambi regolamentato, si potrebbero incontrare difficoltà a trovare una controparte disposta ad acquistare le azioni che si intendono vendere”, recita ancora il prospetto. Si tratta di un rischio che si è poi puntualmente verificato visto che, non appena la Popolare di Vicenza è entrata in difficoltà, molti clienti hanno tentato di farsi rimborsare il valore delle azioni ma si sono visti subito rispondere picche allo sportello. Non ci voleva dunque la Bce per capire come sono stati ingannati parecchi correntisiti della Popolare di Vicenza. Lo sa bene chi, spesso in cambio della promessa di un finanziamento, nel 2014 ha investito gran parte dei propri risparmi nelle azioni della banca veneta, collocati al prezzo astronomico di oltre 62 euro. Oggi, le stesse azioni valgono 10 centesimi, praticamente niente. E così, chi ha investito in questi titoli una somma di oltre 60mila euro, ora si ritrova con in tasca appena 100 euro.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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