Peugeot-Citroen riceve sussidi. Fiat manda in cassa integrazione
Economia

Peugeot-Citroen riceve sussidi. Fiat manda in cassa integrazione

Il presidente Hollande ha deciso di sostenere Peugeot-Citroen con 7 miliardi di euro. A Pomigliano invece arriva la cassa integrazione per 2.000 operai

Una delle conferme più evidenti del fatto che l’Unione europea continui, su molte questioni, a procedere in ordine sparso e senza un coordinamento unico, è dato dalle politiche attuate dai singoli Stati di fronte alla crisi dell’industria dell’auto. E questo nonostante da tempo il numero uno di Fiat Sergio Marchionne, in qualità di presidente dell’Acea, l’associazione che riunisce i costruttori di auto europei, chieda un intervento della Commissione europea per razionalizzare in maniera unitaria la produzione nel Vecchio Continente.

Troppo forti finora le resistenze giunte soprattutto dalla Volkswagen che, forte di un mercato tedesco che sostanzialmente pare tenere ancora, non vuole sentir parlare di strategie industriali condivise, e marcia solitaria sulla strada di politiche dei prezzi aggressive che stanno aggravando ulteriormente, se possibile, la crisi di altri marchi continentali.

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Tra questi, uno dei più colpiti è certamente Psa Peugeot-Citroen. Il costruttore francese denuncia infatti cali di immatricolazioni dell’ordine del 13,5% e ha anche annunciato una riduzione di 8 mila dipendenti su 100 mila, inclusa la chiusura della fabbrica di Aulnay-sous-Bois vicino a Parigi. Uno scenario allarmante che ha spinto il governo del presidente Hollande a mettere in campo un programma di interventi statali per scongiurare la perdita di posti di lavoro. Alla faccia di qualsiasi regola di libero mercato e concorrenza di marca europea, l’esecutivo transalpino è pronto a mettere sul piatto circa 7 miliardi di euro, per un piano che nei prossimi anni dovrebbe sostenere l’industria dell’auto locale.

Una cifra che curiosamente si avvicina molto a quei 7,6 miliardi di euro che la Cgia di Mestre ha stimato la Fiat avrebbe ottenuto dallo Stato in 35 anni di politiche di finanziamento varie attuate dallo Stato italiano. Peccato però che ogni volta che soluzioni di questa natura vengano rilanciate in questi giorni anche per il vacillante mercato italiano (a settembre -25,7% di immatricolazioni) bisogna subito scontrarsi con chi, giustamente, ricorda che l’Ue potrebbe intervenire a sanzionare aiuti illeciti. Una circostanza che sembra però non valere per la Francia, anche se la Volkswagen ha già annunciato un ricorso in sede comunitaria contro il piano di Hollande.

Non che però i tedeschi su questa materia in passato siano stati da meno. Nel 2009, il governo della signora Merkel mise in campo un piano da 4,5 miliardi di euro per sostenere la Opel che sembrava giunta al capolinea, con risultati tra l’altro poco efficaci visto che il marchio controllato dalla General Motors continua ad essere a un passo dalla bancarotta. In quel caso comunque la Cancelliera tedesca si difese da accuse di concorrenza sleale affermando che si trattava di un caso unico e del tutto eccezionale. E ancora a proposito di politiche realizzate in ordine sparso, oltre a ricordare i vari programmi di rottamazione attuati in passato in Italia e in Francia, merita una citazione anche un piano da 2,5 miliardi di euro dispiegato in Svezia per salvare le sorti di Saab e Volvo.

Davvero niente a che vedere con il programma lacrime e sangue imposto negli Stati Uniti dal presidente Obama, che ha sì messo sul tappeto qualcosa come 14 miliardi di dollari per salvare l’industria dell’auto americana, ma ha trasformato lo Stato di fatto in azionista di alcuni marchi e ha imposto sacrifici durissimi. Nel breve volgere di qualche anno si è registrata infatti la chiusura di decine di stabilimenti, la perdita di migliaia di posti di lavoro e un taglio delle retribuzioni pari al 50%. Una strategia che oggi sembra dare i suoi frutti , visto che le vendite negli Usa sono riprese in maniera massiccia.

Una lezione che in Europa nessuno sembra voler raccogliere, perpetuando una politica di interventi isolati e, come si vede, poco incisivi. Chissà però che gli ultimi risultati del mercato tedesco che a settembre ha dovuto fare anch’esso i conti con un calo deciso delle immatricolazioni, non possa far cambiare idea alla Volkswagen.

Per il momento ognuno deve fare da sé, e in Italia si continua a fare i conti con una situazione che diventa sempre più preoccupante. Una conferma arriva da Pomigliano d’Arco dove per i 2 mila dipendenti finora assunti nel nuovo stabilimento Fiat ci saranno purtroppo in programma due settimane di cassa integrazione, dal 26 novembre al 9 dicembre. Il tutto mentre c’è grande attesa per la fine del mese quando la Fiat dovrebbe presentare il nuovo piano industriale sostitutivo di quello da 20 miliardi a suo tempo annunciato e poi rinnegato da Marchionne a causa degli effetti della crisi.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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