Petrolio: perché il prezzo potrebbe tornare a scendere
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Economia

Petrolio: perché il prezzo potrebbe tornare a scendere

Salta l'accordo tra i paesi produttori che fa tornare sul mercato lo spettro del barile sotto i 30 dollari

Il fallimento del vertice di Doha di domenica, con Iran e Arabia Saudita di nuovo ai ferri corti, fa tornare in vita lo spettro del petrolio sotto i 30 dollari al barile.

I primi a prevedere il nuovo target al ribasso per l'oro nero, facendolo tornare ai livelli del 2002, sono stati gli analisti di Goldman Sachs lo scorso settembre.

Quattro mesi dopo, a gennaio, si sono uniti al coro i colleghi di Morgan Stanley, quando però la profezia si era quasi avverata e il Brent, la qualità più pregiata di petrolio che si estrae nel Mar del Nord, era già scesa sotto i 30 dollari al barile raggiungendo il minimo in 12 anni.

Tuttavia, se si guardano i prezzi a livello storico, l’anomalia non è quella di questi ultimi sette mesi, ma quella vissuta negli ultimi quattordici anni

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Cosa dicono le statistiche
I dati storici ci dicono che il prezzo del petrolio si è sempre mantenuto nella media di 25 dollari negli anni '80 e '90 per poi schizzare in alto all'inizio del nuovo millennio, quando è passato da poco sotto i 20 dollari nel 2002 ai 150 dollari al barile nel 2008, spinto dalla forte domanda nei paesi emergenti (Cina).

Poi, nel 2009, nel mezzo della crisi finanziaria, il greggio è crollato sotto i 40 dollari, per risalire di nuovo sopra i 100 dollari e scivolare una seconda volta nell'estate del 2014 fino ai minimi dello scorso gennaio.

Cosa accadrà nei prossimi mesi? A febbraio e marzo hanno avuto ragione i rialzisti che ottimisticamente stimavano un rimbalzo delle quotazioni: il petrolio da metà gennaio a metà aprile ha recuperato terreno risalendo a 43 dollari al barile.

Ma questa visione era supportata dalle speranze del raggiungimento di un accordo tra i principali produttori.

Accordo che per ora è sfumato: se ne riparlerà a giugno e in questi due mesi ogni Paese potrà regolarsi come ritiene opportuno.

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Le previsioni degli investitori
Russia e Arabia Saudita potrebbero continuare a produrre a livelli da record, con l'intento di mettere in difficoltà gli operatori americani di shale oil, mentre l'Iran resterà impegnato a portare la produzione ai livelli precedenti alle sanzioni del 2011 per spingere la sua economia.

Il clima ora sembra essere dominato dai ribassisti e secondo Abhishek Deshpande, esperto di petrolio della banca d'investimento francese Natixis, il prezzo del petrolio potrebbe toccare i 30 dollari al barile entro pochi giorni.

Se guardiamo alla seconda metà dell’anno, tuttavia, non sarà un accordo tra i paesi produttori, ma il taglio degli investimenti, il più massiccio mai visto nell’industria petrolifera e del gas, a portare inevitabilmente a un calo della produzione e, quindi, a un aggiustamento delle quotazioni.

Lo ha fatto notare nei giorni scorsi Roberto Cominotto, gestore del fondo elvetico GAM, secondo cui i primi effetti si vedranno proprio nello shale oil: stanno aumentando i fallimenti e in questo segmento "i tagli agli investimenti si manifestano più rapidamente rispetto a quanto accade nei tradizionali giacimenti petroliferi".

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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