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Economia

Perché se cala la produttività diventiamo tutti più poveri

In Europa e Stati Uniti si produce sempre di meno, per colpa della crisi e delle nuove tecnologie

Perché per far crescere l'economia è necessario essere sempre più produttivi? Possibile che tra le ragioni per cui l'Occidente non si è ancora ripreso dal tracollo causato dalla crisi finanziaria globale ci sia un problema di produttività? Possibile che persino un aumento del tasso di occupazione non sia in grado di stimolare l'economia se non è associato a un incremento del tasso di produttività?

Cosa si intende per tasso di produttività?

Perché per far crescere l'economia è necessario essere sempre più produttivi? Possibile che tra le ragioni per cui l'Occidente non si è ancora ripreso dal tracollo causato dalla crisi finanziaria globale ci sia un problema di produttività? Possibile che persino un aumento del tasso di occupazione non sia in grado di stimolare l'economia se non è associato a un incremento del tasso di produttività?

Cosa sta succedendo in Occidente?

Le ultime statistiche sugli Stati Uniti riprese da The Atlantic parlano di una contrazione del tasso di produttività per il terzo trimestre consecutivo, un dato particolarmente negativo se si pensa che l'ultima volta che la produttività è calata così tanto eravamo alla fine degli anni '70.

Il problema è che, in Occidente e non solo, i lavoratori sonno cresciuti più delle tecnologie che utilizzano. O meglio, grazie agli enormi passi avanti che le nuove tecnologie ci hanno permesso di fare negli ultimi vent'anni la produttività è esplosa, e ora superare il livello cui siamo arrivati è praticamente impossibile. A meno che non si riesca a fare un altro salto tecnologico che, tuttavia, non sembra essere all'orizzonte.

Perché il legame tra produttività e crescita si è inccepato

Tra produttività e salari c'è sempre stata una relazione di tipo diretto. Quando la prima è aumentata molto, come è successo dal 1945 al 1973, grazie a un tasso di crescita di output per ora di lavoro del 3 per cento, anche i salari sono aumentati in fretta. Viceversa, quando la produttività è crollata all'1,5 per cento, tra il 1973 e il 1995, i salari sono rimasti fermi, le persone si sono impoverite e il tasso di disuguaglianza esploso. Purtroppo, questo rapporto causa-effetto negli ultimi vent'anni sembra essere venuto meno, e in un contesto di crisi un tasso di produttività troppo basso, se non negativo, non aiuta di certo a recuperare. L'avvento di internet ha riportato la produttività per ora di lavoro al 3 per cento, ma se dal 2007 in poi si è scesi all'1,3, dopo il 2010 si è arrivati addirittura allo 0,5. All'inizio del 2016 siamo passati addirittura a -0,4 per cento, e non solo negli Stati Uniti, ma anche in Giappone e nella maggior parte delle nazioni europee.

Come uscire da questa impasse

A sentire gli economisti, l'unica via di uscita è quella di indurre le imprese a investire di più in tecnologia per registrare, con l'ausilio di nuove macchine, un nuovo salto in termini di produttività. Uno scenario certamente possibile ma di certo non vantaggioso per tutti. Per recuperare sulle spese a fronte della produttività perduta il mercato potrebbe essere interessato a assumere più lavoratori meno qualificati e contenere così i costi degli stipendi. Grazie alle macchine, invece, la percentuale di forza lavoro specializzata (e più costosa) potrebbe diventare sì più produttiva ma anche subire una contrazione in valore assoluto. Infine, il fatto che ci troviamo ancora in un contesto di crisi o, nel migliore dei casi, di lenta ripresa, fa sì che il numero di lavoratori, anche specializzati, disposti ad accettare un salario più basso sia molto alto, e questa circostanza, oltre a creare nuove distorsioni nel mercato, porta inevitabilmente a un peggioramento generale della qualità della vita.

E se la produttività fosse misurata male?

Tanti economisti sono convinti che la ragione per cui il tasso di produttività sia calato così tanto dipenda dalla difficoltà di misurarlo oggi. Questo perché calcolare quando si produce in un'ora di lavoro usando internet o altre tecnologie avanzate è difficile, e quantificare la produttività in un'economia basata sui servizi è ancora più complicato.

Il punto di vista cinese

Secondo gli analisti cinesi, invece, l'Occidente è in crisi non tanto perché la produttività e calata, ma perché dopo la crisi economica l'offerta di lavoro è diventata troppo abbondante, e il mercato non riesce ad assorbirla. Troppo lavoro genera precarietà, che a sua volta porta alla riduzione generale del livello dei salari e all'aumento della disuguaglianza. La Cina ha attraversato questa fase quando ha messo in moto la sua economia, ovvero quando la fame di lavoro era altissima. Oggi, invece, grazie a una domanda superiore all'offerta i salari hanno iniziato ad aumentare e le disuguaglianze a calare. Europa e Stati Uniti, quindi, più che sulla produttività dovrebbero concentrarsi sulle conseguenze della crisi sull'offerta di lavoro e trovare un modo per incanalare quest'ultima, prima che sia troppo tardi.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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