Perché la Russia nel 2015 entrerà in recessione
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Economia

Perché la Russia nel 2015 entrerà in recessione

Inflazione, debito, sanzioni, prezzo del petrolio insostenibile e, soprattutto, assenza di una strategia economica

Il New York Times ha ricordato appena un paio di giorni fa che il Presidente della Russia Vladimir Putin ha costruito la sua popolarità puntando su due imperativi: quello di far diventare la popolazione russa sempre più ricca, e quello di permettere al Paese di recuperare il suo antico splendore, e quindi il suo status di grande potenza.

Sarebbe interessante indagare per capire fino a che punto la popolazione è consapevole del fatto che la drastica riduzione del prezzo del petrolio al barile è destinata a danneggiare la Russia nel breve e ancora di più nel lungo periodo, o che la loro valuta, il rublo, in dodici mesi ha perso più del 40 per cento del suo valore rispetto al dollaro americano, anche per colpa di un tasso di inflazione che continua a crescere pur avendo già raggiunto il tetto del 9 per cento. Chissà se i russi sanno che i capitali stranieri stanno via via abbandonando la nazione, con stime di uscite che sfiorano i 130 miliardi di dollari. Perché se il paese si stesse rendendo conto che l'economia nazionale sta precipitando, quanto meno non potrebbe più identificare Putin come l'uomo che, presto, li farà diventare ricchi. 

Rischio recessione

Gruppi di ricercatori di diversi centri studi privati hanno calcolato che l'economia Russia potrebbe subire una contrazione del 2 per cento, e qualcosa di vero nelle loro analisi ci deve essere se anche il governo di Mosca, anche se non all'unanimità, ha approvato un documento che prevede una crescita negativa dello 0,8 per cento. 

Le ragione dell'attuale impasse sono tantissime, ma in qualche modo risalgono tutte alle cattive performances di numerose aziende importanti, come Rosneft, Novatek, VTB Bank, Rusnano e Russian Railways. Queste compagnie avrebbero bisogno di liquidità, e Mosca non ha più soldi. Il budget del 2014 era stato calcolato considerando che il petrolio sarebbe stato venduto a 96 dollari al barile, e oggi siamo arrivati a 70, e dal greggio dipende il 60 per cento degli introiti generati dalle esportazioni.  

A queste difficoltà si sono aggiunte quelle create dall'approvazione delle sanzioni, per non parlare di quanto sia diventato problematico per Mosca chiedere prestiti alle banche occidentali per finanziare il suo debito. Tanti pensavano che la Cina avrebbe potuto offrire un valido supporto alternativo, ma finanziariamente parlando anche Pechino ha i suoi problemi, e di certo non può permettersi di prestare così tanto denaro a Putin. 

Per qualcuno la Russia può ancora recuperare

Naturalmente c'è anche chi sostiene che la situazione non sia così grave e che la Russia si riprenderà presto, anche grazie a una svalutazione che potrebbe farle guadagnare tantissimo dalle vendita delle riserve nazionalidi valuta straniera. Nel brevissimo periodo tutto questo è vero, ma in Russia c'è un problema di sostenibilità dell'economia che va affrontato e risolto. 

Nell'immediato si potranno anche vendere le riserve, ma prima o poi anche queste finiranno, e se succederà quando le grandi compagnie nazionali non saranno state salvate, le sanzioni non interrotte e il petrolio ancora così a buon mercato l'economia russa subirà una contrazione ben superiore al 2 per cento stimato oggi. 

La strategia di Putin

Putin ha già dovuto cancellare, per mancanza di fondi, una serie di progetti infrastrutturali, e di certo non sarà in grado di aumentare alcune categorie di salari, di migliorare il sistema sanitario nazionale, di creare nuovi posti di lavoro e di offrire ai poveri alloggi più economici. Eppure lo aveva promesso, e il paese gli aveva creduto. Per salvare la faccia (e non solo) ha invaso la Crimea e ha iniziato a chiedere alla popolazione di sopportare l'attuale fase di transizione definendola funzionale a "combattere e sconfiggere il nemico americano". Resta da vedere fino a quando il paese rimarrà dalla sua parte e se, una volta comprese le difficoltà reali e quotidiane create dalle gestione Putin, non sceglierà (finalmente) di ribellarsi. 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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