Perché questa manovra è un danno per le future generazioni
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Economia

Perché questa manovra è un danno per le future generazioni

Spesa pubblica improduttiva coperta con più deficit. Così la finanziaria del governo Conte scarica tutti i costi su chi arriverà dopo

La verità sulla manovra l’ha detta un francese, che in Italia non è molto popolare: Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici: “Quando un Paese si indebita, si impoverisce" , ha affermato Moscovici commentando l’aggiornamento al Def, il Documento di Economia e Finanza approvato dal consiglio dei ministri, che anticipa i contenuti della manovra economica del 2019. 

Deficit più alto 

Il prossimo anno, secondo gli obiettivi del Def, il rapporto tra il debito pubblico italiano e il prodotto interno lordo (pil) sarà un po’ più alto del previsto, cioè pari al 2,4% per tre anni e non sotto il 2% come avrebbe voluto il ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Il disavanzo verrà elevato per accontentare le richieste dei due partiti di maggioranza, Lega e M5s, che volevano più coperture finanziarie per mantenere le loro promesse elettorali: Reddito di Cittadinanza, Flat Tax, abbassamento dell’età pensionabile. 

I mercati hanno reagito male, con un un tonfo del 4% di Piazza Affari e una risalita fin quasi al 3% dello spread Btp/Bund, il differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani e tedeschi, che misura quanto gli investitori internazionali si fidano del nostro debito pubblico. Eppure, un deficit del 2,4% del pil non è di per sé elevatissimo ed è inferiore a quanto impongono le regole europee. Il guaio è che l’Italia, con i precedenti governi, si era impegnata a portare il disavanzo allo 0,8% del pil, cioè a un terzo del livello attuale. E si era impegnata pure a ridurre il rapporto tra lo stock del debito accumulato e il prodotto interno lordo a ritmi abbastanza sostenuti, per almeno il 2-3% all’anno. 

Tra spesa e investimenti

Con questo Def, invece, tali impegni vanno in fumo. Tenendo il deficit al 2,4%, con un’inflazione che all’1,5% e una crescita economica all’1% circa come previsto dagli organismi internazionali, il rapporto debito/pil non verrà probabilmente scalfito. Ci sono diversi economisti di orientamento keynesiano che non ritengono di per sé un male che si faccia più deficit per un certo periodo di tempo. L’importante, però, è capire a cosa serve questo maggior disavanzo.  

Nella campagna elettorale, il Movimento 5Stelle ha proposto di sforare il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil, per mettere in campo investimenti a elevato moltiplicatore, cioè capaci di generare una crescita economica proporzionalmente più alta della maggior spesa sostenuta dallo Stato. Si tratta per esempio di investimenti nelle infrastrutture e nell’innovazione o di sgravi fiscali alle imprese che si dotano di nuova tecnologia. Difficile però sostenere che le principali misure contenute nel Def come  l’abbassamento dell’età pensionabile possa generare crescita economica, visto che si consentirà a centinaia di migliaia di persone di mettersi a riposo prima del previsto e iniziare a vivere a spese dello Stato, mentre prima vivevano con il loro lavoro. 

Come negli anni '80

A mantenere quegli ultra 60enni che si ritireranno nel 2019 saranno le giovani generazioni, visto che il nostro sistema previdenziale funziona conun meccanismo che si chiama a ripartizione: i contributi versati oggi da chi è ancora in attività servono per pagare le pensioni di chi si è messo già a riposo. Se il numero di pensionati aumenta, insomma, è difficile che i giovani possano sperare di avere in futuro qualche sgravio contributivo. I soldi non ci saranno. Considerazioni analoghe valgono per un’altra misura prevista dal Def come il Reddito di Cittadinanza. 

Giusto o sbagliato che sia, anche il sussidio proposto dal Movimento 5Stelle è spesa pubblica improduttiva. Si pagano persone che non lavorano e si mette il conto a carico del  deficit e del debito. Oggi l’Italia si porta ancora  sul groppone il fardello dell’indebitamento accumulato negli anni ’80 del secolo scorso e spende per interessi passivioltre il 4% del pil, circa il doppio di Francia e Germania. Gli italianidi oggi pagano per le scelte sbagliate di finanza pubblica di 30 o 40 anni fa. Chissà cosa diranno invece degli italiani di oggi, le generazioni che devono ancora arrivare o che sono ancora in fasce. 


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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