Perché contro l'evasione fiscale l'aggressività non funziona
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Economia

Perché contro l'evasione fiscale l'aggressività non funziona

La determinazione americana è svantaggiosa per i correntisti normali, e non è nemmeno così sicura

Secondo il settimanale londinese The Economist , la dura campagna con cui gli Stati Uniti stanno cercando di scovare e punire gli evasori fiscali sarà più dannosa di quanto immaginiamo. I problemi sono cominciati quando, nel 2010, è stata approvata la Facta (Foreign Account Tax Compliance Act) per promuovere conti correnti più trasparenti e, soprattutto, colpire tutti quei cittadini che hanno la pessima abitudine di trasferire all'estero, e in particolare in Svizzera, i loro capitali per evitare di versare le imposte stabilite dal loro paese di origine.

Entrata in vigore appena un paio di giorni fa, questa legge è destinata a far parlare di sé in tutto il mondo. I paladini della trasparenza la adorano, nonostante i suoi difetti, perché per la prima volta qualcuno ha trovato il coraggio per colpire "i furbi" anche quando si rifugiano al di là del confine nazionale. Gli uomini d'affari, invece, tremano, perché lo scambio automatico di informazioni fiscali tra una nazione e un'altra può solo danneggiarli.

Per alcuni la collaborazione con la maggior parte degli istituti finanziari del mondo (le nazioni che hanno scelto di collaborare con Washington nella battaglia all'evasione internazionale sono circa 80) è stata estorta con la forza. Questo perché come ricompensa alla disponibilità a scambiare le informazioni sui correntisti le banche hanno ottenuto l'esenzione dalla ritenuta del 30% sui pagamenti di fonte statunitense. 

Un vantaggio per tutti? Non proprio, spiega The Economist, e come al solito sono i correntisti "normali" a farne le spese. Per tante banche seguire l'iter burocratico nella nuova normativa introdotta da Barack Obama semplicemente non conviene, e hanno quindi suggerito ai loro clienti americani di spostare altrove i propri risparmi. Per poter continuare ad avere una vita "finanziariamente normale", nel 2013 2.999 cittadini statunitensi hanno scelto di rinunciare al passaporto americano o alla carta verde precedentemente ottenuta, e altri mille hanno fatto lo stesso all'inizio del 2014. 

Altra conseguenza negativa è legata all'idea di scambiare informazioni delicate e riservate con istituti di credito di paesi generalmente poco affidabili. Fino a che punto vale la pena farlo? E soprattutto, la linea dura con cui il Presidente degli Stati Uniti ha deciso di affrontare il problema dell'evasione internazionale riuscirà davvero ad ottenere gli effetti positivi sperati? Gli esperti dicono di no, convinti che gli svantaggi e le conseguenze negative del Facta saranno talmente tanti da mettere nell'ombra qualsiasi successo. Eppure, è la prima volta che la comunità internazionale, seguendo gli Stati Uniti, sceglie di collaborare per affrontare quella che considera una minaccia comune. Forse prima di giudicare e condannare dovremmo aspettare di vedere la nuova normativa all'opera.  

L'articolo originale: Dropping the bomb. America’s fierce campaign against tax cheats is doing more harm than good

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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