Soldi alle imprese, ora serve un governo
Economia

Soldi alle imprese, ora serve un governo

Dopo il via libera dell'Europa a 70 miliardi di pagamenti arretrati, c'è bisogno dei decreti che solo un esecutivo con i pieni poteri può emanare

Ora c’è un motivo in più per cercare di avere in tempi rapidi un nuovo governo nel pieno dei propri poteri, di qualunque natura esso sia. A chiarirlo è stato il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo che ha legato proprio questa condizione allo sblocco definitivo dei fondi per i pagamenti della pubblica amministrazione alle aziende. Dopo il sì arrivato da Bruxelles a un allentamento del patto di stabilità affinché vengano utilizzate risorse nuove per far fronte alla mole di debiti che lo Stato vanta con il settore privato, ora quello che ci vuole infatti è una legge o un decreto che renda effettiva questa opportunità. E per arrivare a questo risultato serve un esecutivo che abbia la piena fiducia del Parlamento, perché quello attuale può svolgere solo gli affari correnti, che non contemplano appunto l’emanazione di decreti legge.

I PRIMI TENTATIVI PER SBLOCCARE I PAGAMENTI

L’accordo, raggiunto in sede europea dal nostro commissario Ue per l'Industria, Antonio Tajani, e da quello per l'Economia, Olli Rehn, prevede  dunque che per almeno due anni ci possa essere uno sforamento degli indici di stabilità, per smobilitare somme, tra l’altro già accantonate a questo scopo, che dovranno servire appunto a ridare ossigeno a migliaia di imprese private in attesa di pagamenti dalla pubblica amministrazione. Non è ancora chiaro quale cifra si riuscirà a mettere in circolo, ma si stima che possa andare dai 70 agli 80 miliardi di euro in due anni appunto. Una quantità di denaro che avrebbe di certo portato allo sforamento del rapporto tra deficit e Pil, con conseguenti sanzioni da parte di Bruxelles. La Commissione europea ha però ora chiarito che valuterà con le dovute attenuanti un tale scostamento e le imprese italiane possono sperare dunque concretamente che nei prossimi mesi una dose significativa di contante possa entrare nelle proprie casse.

Una notizia positiva non solo per le aziende, ma in generale per tutta la nostra economia che da questa iniezione di liquidità potrebbe trarre grande beneficio. "Noi accogliamo con grande favore questa notizia - ci dice Ivan Malavasi, presidente della Cna -, ma nutriamo anche un forte timore. Per realizzare questo programma di pagamenti ci vuole un governo nel pieno della sua forza che realizzi gli atti legislativi che servono. Non vorremmo che dopo una battaglia di anni condotta a livello europeo per ottenere un parziale allentamento dei vincoli di stabilità, ora tutto vada perso per la mancanza di un esecutivo forte". E le piccole e medie aziende tra l'altro si accontenterebbero anche di molto meno rispetto a quello prospettato dalle prime stime sulle risorse utilizzabili.

TUTTI I PROBLEMI LEGATI AI PAGAMENTI ARRETRATI

"A noi basterebbe già vedere in circolazione i 12 miliardi di euro che arriverebbero dall'Unione europea - spiega Malavasi - gli unici su cui ci sarebbe certezza effettiva. Per il resto, è vero che ci sarebbero accontanate decine di miliardi di euro, ma finché non ci sarà un definitivo allentamento del patto di stabilità le amministrazioni locali non saranno davvero in grado di smobilitare questi soldi". E allora, che siano 12 o che siano decisamente di più, quello che conta davvero è che questi soldi arrivino e soprattutto in tempi rapidi. "Se si raggiungesse un accordo per un nuovo governo nei prossimi giorni - sottolinea Malavasi - io ritengo che nel breve volgere di un mese, ci sarebbe la possibilità materiale di sbloccare questi fondi".

Dunque, la speranza, neanche tanto nascosta, è che prima dell'estate i pagamenti della pubblica amministrazione comincino a regolarizzarsi. Tutto però resta appeso al filo della creazione di un nuovo esecutivo. "Certo che se la politica - conclude amaramente Malavasi - non dovesse rendersi conto della situazione grave in cui versa il Paese e non dovesse agire di conseguenza, significherebbe che non sente in nessun modo il grido di dolore che arriva da migliaia di lavoratori senza occupazione e da altrettanti imprenditori spinti sempre più verso gesti estremi".

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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