Pagamenti Pa, ecco perché le imprese non si fidano
Economia

Pagamenti Pa, ecco perché le imprese non si fidano

Nel decreto c’è ancora poca chiarezza sulle modalità con cui verranno saldati i debiti

Nonostante il rinvio di qualche giorno della sua emanazione, che sarebbe dovuto servire a chiarire meglio tutta una serie di particolari, il decreto sui pagamenti della pubblica amministrazione è giunto nelle mani delle aziende comunque con “aspetti poco chiari per non dire fumosi”. La denuncia arriva da Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Piemonte, che non lesina critiche ad un provvedimento atteso da anni soprattutto dalle piccole e medie imprese e dagli artigiani. “Premesso che siamo soddisfatti che finalmente, almeno a parole, il governo abbia preso a cuore la questione dei debiti della pubblica amministrazione – attacca Felici – risulta ancora del tutto vago il modo in cui dovranno comportarsi le imprese per ottenere i crediti vantati con gli enti pubblici”. In una sua presa di posizione pubblica, il ministro dell’Economia Vittorio Grilli aveva vagamente accennato al fatto che i pagamenti sarebbero scattati in maniera del tutto automatica. “Peccato però che questo particolare all’interno del decreto non sia specificato in nessun modo” sottolinea Felici.

E in effetti a scorrere il provvedimento si trovano elencate tutte le procedure che dovranno seguire amministrazioni locali, Regioni o enti sanitari, per mettere a ruolo i propri debiti e ottenere lo sblocco dei fondi. Ma nulla si dice su quello che dovranno fare le imprese per ottenere questi crediti. “Le ipotesi sul tappeto sono due – fa notare Felici -: o ci sarà una forma di automatismo dei pagamenti, e quindi alle amministrazioni locali verrà dato un cache con cui gradualmente salderanno i debiti. Oppure, cosa che sarebbe vergognosa, le aziende dovranno sobbarcarsi la compilazione di altre scartoffie per ottenere soddisfazione. In questo secondo caso, sarebbe bene che almeno ce lo facessero sapere fin da subito, così ci si comincia ad organizzare”. E proprio per sbloccare questa matassa di carattere burocratico, le aziende chiedono un incontro con il governo, che permetta di chiarire quali siano le reali intenzioni in campo.

IMPRESE, L'URGENZA DI AVERE UN GOVERNO

“Purtroppo – aggiunge Felici – conoscendo il potere pervasivo della burocrazia ministeriale, non ci sarebbe da sorprendersi se, anche per prendere ulteriore tempo, ci dovessimo trovare impantanati in nuove pastoie di tipo amministrativo”. E d’altronde, da chiarire ci sarebbero aspetti non da poco. “Oltre alla questione sulla necessità di presentare eventuale ulteriori documentazioni – precisa Felici – vorremmo sapere anche se ad esempio ci verranno pagati prima i debiti più vecchi o quelli più recenti. E voglio sottolineare che si tratta di questioni non da poco, visto che questi debiti sono comunque poste che figurano nei nostri bilanci, e dunque le imprese devono sapere fin d’ora come poterle gestire da un punto di vista finanziario”. Insomma, un decreto già nato in salita, continua a faticare a trovare consensi unanimi tra le imprese, diventate ormai comprensibilmente diffidenti verso uno Stato che troppe volte ha disatteso i propri impegni.

COSTRETTI A CHIUDERE PER CREDITI

“La verità – afferma Felici – è che al momento nessuno di noi sa effettivamente come farà a farsi pagare, e sarebbe bene che chiarissero questo punto quanto prima. L’unica cosa certa – conclude il presidente di Confartigianato Piemonte – è che c’è stato un allentamento del patto di stabilità, e finalmente molti enti locali potranno spendere somme che spesso già avevano in cassa. Una buona notizia, che però non basta e non ci tranquillizza fino a quando realmente le prime imprese non si vedranno accreditati i propri crediti sul conto corrente”. Una prova del nove che in effetti sono in tanti ad attendere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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