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Economia

Occupazione? Riduzione del costo del lavoro e norme stabili

Gli ultimi dati Istat fotografano ancora una situazione fragile nel mercato del lavoro. Le relazioni industriali sono un altro fattore determinante. Intervista a Paolo Reboani

A cura di Labitalia - A febbraio il tasso di disoccupazione scende al 10,9% (-0,2 punti percentuali rispetto a gennaio). Ma per i giovani il tasso di disoccupazione sale al 32,8% (+0,3 punti rispetto a gennaio). Secondo i dati diffusi dall’Istat, dopo l’aumento del mese scorso, a febbraio la stima delle persone in cerca di occupazione diminuisce dell’1,7% (-49 mila). A febbraio la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,2% (+28 mila). Nel trimestre dicembre-febbraio, rispetto ai tre mesi precedenti, al calo degli occupati si accompagna una diminuzione dei disoccupati (-1,1%, -32 mila) e un aumento degli inattivi (+0,4%, +52 mila).

A commentare i dati diffusi dall’Istat è Paolo Reboani, esperto di lavoro e welfare, dirigente generale al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con compiti di analisi, studio e consulenza: "I dati sull'andamento del mercato del lavoro forniti dall'Istat evidenziano come la situazione sia molto fragile e con un andamento ancora molto ondivago dei fondamentali. Conforta trovare un segno positivo sugli occupati, in questo mese trainati in maniera significativa dai contratti a tempo indeterminato, anche se il numero complessivo di crescita rimane esiguo e si confronta con una marcata riduzione degli occupati indipendenti”.

"Questa possibile inversione di tendenza, che appare incidere non sulle classi iniziali di età quanto piuttosto sugli over 35, dovrà essere letta con attenzione - avverte - nei prossimi mesi, se confermata, ma al momento può essere attribuita più a stabilizzazioni e miglioramenti delle aspettative delle imprese che a un effetto diretto degli incentivi messi in azione dall'ultima legge di bilancio".

"Prova ne è - chiarisce - che il tasso di disoccupazione dei giovani segna un leggero aumento e torna molto vicino al 33% e che tutti gli altri indicatori del mercato del lavoro per questa fascia sono sostanzialmente stabili. Permane un serio problema nel rapporto tra giovani e occupazione. Peraltro, il nostro dato è in controtendenza con quello europeo, dove nell'ultimo mese vi è stata una riduzione della disoccupazione giovanile e la distanza rimane troppo elevata: in Italia abbiamo il doppio di disoccupazione giovanile che in Europa".

"Certamente, importante è il fatto che la crescita occupazionale sia trainata dalla componente femminile, con un nuovo record del tasso di occupazione - sottolinea Reboani - e nel complesso con un miglioramento sensibile di tutti gli indicatori nel corso dell'ultimo anno. Negativi sono, invece, i segnali per il mercato del lavoro degli uomini, con una particolare difficoltà che continua a registrarsi oltre che per i giovani nella fascia di età 35-50, quella che sostiene i maggiori carichi familiari e che ha maggiori difficoltà a riformarsi".

"Il dato della disoccupazione - prosegue - segna un miglioramento e si riposiziona sotto all'11%, anche se continua ad esservi un chiaro segnale di disequilibrio sul mercato del lavoro italiano e una forte resistenza a scendere sotto quel livello. A testimonianza di ciò si deve segnalare che la distanza con l'Europa non si colma e rimane stabile, mentre gli Stati Uniti con il loro 4,1% sono un traguardo irraggiungibile".

"I dati riportati oggi, che non si dimentichi sono congiunturali, andranno osservati nella loro evoluzione nel corso dei prossimi mesi - ribadisce l'esperto - per comprendere le dinamiche strutturali del mercato del lavoro in Italia. Ciò che appare certo è la necessità di riorganizzare le politiche del lavoro in maniera da accompagnare un sentiero di crescita economica, che deve essere però rafforzata, con una maggiore intensità occupazionale. Solo facendo crescere l'occupazione, infatti, è possibile sostenere un aumento dei salari, una crescita dei redditi, la ripresa della produttività e un welfare più robusto e selettivo, attento soprattutto alle esigenze dei più deboli".

"Per assicurare questo risultato, da un lato, occorre diminuire in maniera significativa - sostiene Reboani - il costo del lavoro, sostituendo le misure temporanee di incentivazione con un'azione strutturale di riduzione, dall'altro garantire una stabilità normativa alle imprese senza che ogni governo ridefinisca il quadro legislativo del lavoro, determinando così incertezze e resistenza ad assunzioni permanenti. Anzi, oggi più che mai andrebbe condotta un'azione di alleggerimento normativo e di semplificazione delle regole del mercato del lavoro, affinché le tutele siano effettivamente esigibili".

"E' essenziale, poi, intervenire con interventi selettivi - osserva - per aggredire gli squilibri oggi presenti sul mercato del lavoro. In questo senso, vanno profondamente ripensate le politiche attive che si sono rivelate il vero fallimento della scorsa legislatura, fondate su una struttura amministrativa inattuabile, su procedure complesse e farraginose nonché su una lettura delle esigenze del mercato del lavoro errata. L'esempio dell'assegno di ricollocazione ne è il paradigma vivente".

"Occorre - elenca - semplificare gli interventi, fondare l'azione di orientamento, in particolare dei giovani, su un connubio forte tra operatori pubblici e operatori privati, azzerare qualsiasi costo improprio sull'apprendistato, investire le risorse che si rendono disponibili sul rapporto in alternanza tra scuola e impresa, costruire e attuare un Piano delle competenze, per giovani ma anche per adulti, che ci permetta di competere nei prossimi anni sui crinali più avanzati dei settori produttivi (con particolare attenzione alla sostenibilità). Accanto a questo va attuata una strategia per l'ingresso agevolato dei giovani sul mercato del lavoro e va costruita un'azione di accompagnamento robusta per sostenere la crescita dell'occupazione femminile".

"In questo quadro - fa notare Reboani - le relazioni industriali sono un fattore determinante di crescita occupazionale quando riuscissero a costruire nuovi moduli di organizzazione del lavoro ritagliati sulle esigenze della persona e con l'obiettivo di accrescere la produttività. Non da ultimo, va riorganizzato il sistema dei ammortizzatori sociali che presenta alcune rilevanti fragilità nella gestione delle crisi aziendali, nonostante le riforme condotte. Fragilità che potrebbero determinare nel corso dell'anno una esplosione di situazioni sociali preoccupanti, soprattutto per lavoratori adulti".

"Tutto ciò - rimarca - con una particolare declinazione per il Mezzogiorno, area che soffre di un forte squilibrio occupazionale e che merita un'attenta valutazione della portata e della qualità degli interventi che si vorranno attuare. Come si vede, l'agenda delle politiche del lavoro è densa e sfidante. L'ambizione che il nuovo Parlamento e il nuovo governo devono avere è quella di portare l'Italia a raggiungere un più alto numero di occupati, colmare gli squilibri esistenti, rafforzare un nuovo sentiero di sviluppo più produttivo e sostenibile".

"Occorre puntare su semplificazione, formazione e territorio, con politiche attive diverse e riduzione del carico fiscale sulle imprese. I programmi di molti partiti durante la campagna elettorale hanno presentato strade che possono incontrarsi su questi principi. Sarebbe opportuno agire con tempismo e con interventi chiari e rapidi, dalla facile attuazione, per non sprecare una finestra di opportunità oggi aperta ma che non sappiamo quando e come si potrà richiudere", conclude.

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