Lavoro: perchè dire no alla settimana di 72 ore
Economia

Lavoro: perchè dire no alla settimana di 72 ore

Le nuove tecnologie, la crisi e la globalizzazione impediscono ai lavoratori di staccare veramente la spina

Il Center for Creative Leadership ha fatto i conti in tasca ai dipendenti. In media, riferisce Business Insider , la settimana lavorativa si aggira sulle 72 ore. Una cattiva notizia? C’è di peggio, perchè il contatore delle ore non si ferma nemmeno durante i fine settimana. Ormai è raro trovare un lavoro full time ben pagato che richieda solo quaranta ore settimanali e secondo gli esperti, i lavoratori hanno accettato la connettività 24 ore su 24. La tecnologia, dunque, promuove la cultura dell’ufficio sempre connesso e regala grande libertà di movimento. Ma la crisi, con il relativo taglio del personale, ha moltiplicato il carico di lavoro. Il vantaggio è soprattutto per le aziende che hanno tagliato i costi, aumentato la produttività e migliorato la profittabilità. La globalizzazione fa il resto: con lavoratori collegati in altri angoli del mondo è quasi inevitabile che il flusso di lavoro copra le 24 ore. 

Chi lavora, dunque, corre il rischio di non riuscire a staccare la spina. Oltre un terzo dei lavoratori intervistati nel corso di uno studio dell’American Psychological Association, infatti, ritiene che le tecnologie della comunicazione aumentino il proprio carico di lavoro e rendano più difficile godere del proprio tempo libero. Robert Putnam, professore di scienze politiche ad Harvard, sottolinea come la cultura della lunga giornata lavorativa abbia impattato negativamente sulla vita sociale  e sempre meno persone facciano parte di club e associazioni, con relativo indebolimento delle relazioni e del tessuto sociale. L’utilizzo della tecnologia sempre connessa corre il rischio di impattare sulla produttività che, oltre un certo limite, inevitabilmente cala. Non è un caso che i Paesi più produttivi siano quelli come la Germania e la Francia dove la settimana lavorativa è fatta di meno ore. Per contro, nel Regno Unito, lunghe ore di lavoro hanno come conseguenza il fatto di prendere decisioni irrazionali e pericolose

Considerato che i lavoratori sempre connessi godono solo di tre ore in cui non stiano lavorando, controllando la posta o dormendo, anche il sonno risente dei nuovi ritmi. Più della metà degli intervistati ammette di controllare la posta a letto prima di dormire, nel mezzo della notte e appena svegli. E non finisce qui: il 12% degli executive confessa di alzarsi da tavola per gestire telefonate di lavoro o altre questioni professionali. Larry Rosen, autore di un saggio sul nostro rapporto con la tecnologia fa notare che i lavoratori che si considerano multitasking se controllano la posta mentre mangiano o sono in famiglia, in realtà non danno veramente attenzione a nessuna delle due cose. Continuare a controllare la posta, inoltre, causa cambiamenti neurologici: il cervello si abitua a dare attenzione al piccolo schermo ogni pochi minuti e quando non è in grado di farlo, scattano dei neurotrasmettitori associati con l’ansia e lo stress. “E’ importante stabilire dei limiti – suggerisce Rosen -. Più uno controlla il proprio cellulare, più profondamente resta prigioniero”. La soluzione? Meglio stabilire degli orari per controllare il telefono e scollegarlo a una certa ora. E dire addio alle 72 ore di lavoro.

I più letti

avatar-icon

Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

Read More