Mps: lo Stato diventa azionista
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Economia

Mps: lo Stato diventa azionista

La banca non può pagare gli interessi per il 2014 sui Monti Bond che verranno saldati in azioni. Il tesoro avrà circa il 10% dell'istituto senese

Gli effetti del contratto sui Monti bond, ossia il pagamento degli interessi, porteranno dal prossimo luglio il ministero del Tesoro nella compagine azionaria di Banca Monte dei Paschi. Non sarà infatti ripetibile l'operazione dello scorso anno che permise all'istituto senese di pagare gli interessi del 2013, circa 350 milioni di euro, con l'emissione di altri Monti-bond, fino a un totale di oltre 4 miliardi finiti nelle casse della banca (3 dei quali già restituiti con l'aumento di capitale da 5 mld della scorsa estate). Gli interessi per il 2014, circa 243 mln, come previsto dal contratto verranno pagati con nuove azioni Mps. Il tutto mentre il sindaco di Siena Bruno Valentini, dice che la Fondazione Mps potrebbe anche non aderire al nuovo aumento di capitale da 3 mld.

Mps e l'aumento di capitale: a che servono 3 miliardi in più


La notizia dell'ingresso del Tesoro e, secondo alcuni operatori di Borsa anche alcune ricoperture, ha fatto volare il titolo che stamani, dopo i dati del bilancio 2014 diffusi ieri sera con una perdita di 5,3 miliardi, aveva faticato a fare prezzo. In chiusura ha fatto segnare +13% a 0,48 euro. Con l'attuale capitalizzazione del Monte il ministero potrebbe arrivare ad avere circa il 10% della banca senese diventando il maggiore azionista, prima della ricapitalizzazione (che la diluirebbe fino a sotto il 5%) e di una possibile successiva cessione degli stessi titoli.

Con l'annuncio di un rialzo dell'aumento di capitale, fino a 3 miliardi, previsto nel piano presentato dal presidente Alessandro Profumo e dall'ad Fabrizio Viola, l'ingresso del Tesoro potrebbe essere solo il primo segnale di una compagine azionaria destinata a modificarsi radicalmente fino a quello che in molti, prima tra tutti forse la Bce che il prossimo 18 febbraio dovrebbe dare il via libera al piano, indicano come una strada ormai obbligata: l'aggregazione o la fusione di Mps con una o piu' banche, italiane o straniere.

Lo stesso sindaco Valentini oggi riconosce che il Monte non potrà più essere "un polo aggregante". Per questo chiede alla Fondazione Mps e al suo presidente Marcello Clarich (da lui invitato a una comunicazione meno "tellurica" e piu' istituzionale), di puntare alla difesa del patrimonio dell'Ente, anche senza aderire all'aumento di capitale, e a "lavorare affinchè la direzione generale di Mps resti a Siena". Il primo cittadino si è tolto anche qualche sassolino perchè pur riconoscendo i guasti della passata gestione di Rocca Salimbeni (quella di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni), ha parlato della "grande responsabilità" delle Autorità di Vigilanza che, "per la seconda volta, non sono riuscite a garantire e controllare i processi" su Mps.

Dopo non aver fermato l'acquisto di Antonveneta a quei prezzi Banca d'Italia, ha detto, "non ha saputo far combaciare il piano di ristrutturazione concordato con la Commissione europea con il piano di Vigilanza di competenza della Bce". Cosa quest'ultima che ha obbligato Profumo e Viola a rincorrere e modificare continuamente il piano, fino alla totale "pulizia" fatta con il bilancio presentato ieri. E se il sindaco dice chiaramente che non tocca a lui "licenziare" o tenere l'attuale management in scadenza ad aprile ("non è compito del sindaco e della politica") lancia anche un altro messaggio chiaro: "da novembre 2011 tutto ciò che la banca ha fatto lo ha fatto in totale autonomia senza avere un'interferenza, una telefonata, un condizionamento. Il fatto che la banca sia andata bene o male dipende dagli azionisti e da chi li ha rappresentati. Lo dico anche alla politica, a Salvini e a Grillo: possono smettere di chiamare Mps la banca rossa".

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Redazione Economia