Il Memoriale di Garibaldi, la prova che economia e cultura fanno impresa
Economia

Il Memoriale di Garibaldi, la prova che economia e cultura fanno impresa

Sull'Isola di Caprera ci sono riusciti. Perché valorizzare adeguatamente  i beni architettonici e culturali italiani svilupperebbe un giro  d'affari di 170 miliardi e 3,8 milioni di posti di lavoro

Paradossi italiani: da un lato c’è Pompei , che senza fondi europei finirebbe in macerie, e dall’altro l’esempio virtuoso del Memoriale di Garibaldi: un piccolo museo nato quasi spontaneamente in mezzo “al nulla” dell’Isola di Caprera. Inaugurato il 15 luglio scorso, ha già totalizzato oltre 2500 visitatori.

Perché parliamo qui di un’iniziativa arrampicata sugli scogli? Perché è l’esempio di come si possa fare economia e impresa con la cultura. L’ultimo dato del Mibac (Il Ministero dei beni culturali) ci dice infatti che valorizzando adeguatamente i beni, l’arte e la cultura italiana il giro d’affari salirebbe a circa 170 miliardi di euro (oggi è a 68), pari al 13 per cento del Pil, per sviluppare complessivamente circa 3,8 milioni di posti di lavoro diretti e indiretti. Sappiamo tutti che non possiamo farceli scappare. E poiché la cultura e il food sono le materie prime di cui disponiamo, è doveroso dibattere su come valorizzarle e trasformarle.

Basterebbe davvero poco. E lo dimostrano le richieste che l’associazione Civita per la salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale del nostro paese ha presentato al ministro dello sviluppo economico Corrado Passera: “Abbiamo chiesto soltanto due cose” racconta Giuseppe Costa, presidente e amministratore delegato di Costa Edutainment, nonché inventore dell’Acquario di Genova e di tutto quanto gli ruota attorno: “Perché gli orari e gli ingressi ai musei sono gestiti a livello centrale e da chi si occupa della curatela dei beni? Perché gli ingressi restano gratuiti per i giovani sotto i 18 anni e per gli over 65? Serve soltanto a perdere un buon flusso di cassa, per la gran parte proveniente da turisti stranieri che non hanno alcun problema a pagare il biglietto”.

Insomma, il male italiano è curabile: “Basterebbe togliere un po’ di burocrazia e smetterla di confondere la tutela e la fruizione del bene con il suo sfruttamento economico”. Cosa potremmo fare liberalizzando gli ingressi? “Prezzi differenziati nei periodi di maggiore afflusso o orario, sviluppare percorsi culturali personalizzati. Organizzare eventi, cocktail, cene culturali. Insomma appuntamenti che possano far conoscere ad imprenditori o investitori nuove opportunità legate ai luoghi dell’arte e della cultura, sviluppando una filiera”. In poche parole: più risorse per la tutela e più impresa.

Costa ha già dato il buon esempio, costruendo a Genova un percorso integrato che tra Acquario, Biosfera, Museo del Mare e città dei Ragazzi vale circa 1,7 milioni di visitatori l’anno e 24 milioni di fatturato. Non saranno questi i numeri del Memoriale Garibaldi. Ma qui è interessante notare le potenzialità di nicchie che rischiano di passare inosservate.

La Presidenza del Consiglio dei ministri ha infatti deciso di costruire il Memoriale semplicemente inseguendo il flusso spontaneo degli appassionati in visita ogni anno alla casa di Garibaldi e al Forte Arbuticci, un complesso già restaurato da comune e regione ma rimasto  sostanzialmente inutilizzato. Grazie a 5,1 milioni provenienti dai fondi per le celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia e ad altri 2,2 messi a disposizione dalle Acri (Le fondazioni delle Casse di risparmio) oggi il forte è diventato il museo sulla storia, la vita, gli amori e le sperimentazioni agricole di Garibaldi attorno al quale si svilupperà il concetto di “Caprera isola museo”, con ristoranti, percorsi a tema, tour organizzati in battello, eventi e sinergie per valorizzare le bellezze naturali dell'Arcipelago della Maddalena.

Non è l’unico esempio in Italia. Tra le nicchie virtuose possiamo citare Il Castello di Rivoli, La Fondazione Musei di Torino, la Domus Mazziniana a Pisa, Le ville Palladiane o quelle vesuviane di San Giorgio a Cremano. La sola associazione Civita con le sue attività fattura 60 milioni di euro e l’ultimo rapporto di Federculturaci dice che nel 2011 la spesa delle famiglie italiane per la cultura è aumentata del 2,6 per cento. Un punto su cui meditare e costruire reti di impresa.

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

Scrivimi a: antbersani@alice.it

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