I Marò, Finmeccanica e il business italo-indiano
Economia

I Marò, Finmeccanica e il business italo-indiano

In ballo ci sono 8 miliardi circa di affari e 400 aziende italiane che operano in India. E un pacchetto di 650 miliardi di investimenti che il governo indiano ha intenzione di mettere sul mercato

Ma quali ritorsioni, ma quale tutela degli interessi economici italiani in India: “L'imbarazzante dietrofront italiano sui due Marò restituiti all'India si deve soltanto alla "casta" della Farnesina che non appena si è vista toccare in un dei suoi effettivi, l'ambasciatore a Dehli, ha mollato”, sibila un autorevole consulente del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola: “In verità se Roma fosse rimasta sulle sue posizioni, forse alla lunga le imprese italiane avrebbero potuto accusare qualche rappresaglia, ma gli indiani non hanno avuto neanche il bisogno di minacciarlo, perchè hanno ottenuto quel che volevano soltanto per vie diciamo così diplomatiche...”.

È solo un'opinione, per quanto autorevole. Ma, a pensarci meglio, suona strano davvero che un  governo uscente, nell'attuale confuso quadro post-elettorale, trovi la lucidità, il tempo e il modo di occuparsi di economia geopolitica e pensi a tutelare l'export, in un modo così concreto, con le pur importanti aziende del Nord-Ovest (Finmeccanica & C.) che lavorano come possono, nella corsa a ostacoli della superpressione fiscale, della malaburocrazia e delle “grandi sorelle” Procure della Repubblica...

Eppure, l'imprevedibile resa incondizionata del governo italiano a quello indiano ha invece dato la stura alle più disparate interpretazioni. L'autorevole quotidiano della capitale Times of India si è chiesto apertamente se il ritorno dei marò non sia stato "influenzato" da valutazioni di ordine commerciale: "Non è chiaro se gli imprenditori italiani abbiano fatto pressioni al governo italiano per rimandarci i marò e a che livello, ma è stato comunque espresso l'auspicio per una soluzione "diplomatica" della crisi", affinchè non dovessero risentirci gli scambi commerciali, "ancora relativamente piccoli ma in crescita". E anche l'Hindustan Times ha battuto sullo stesso tasto: "Roma potrebbe aver realizzato che la sua decisione era controproducente, visto che l'India era pronta a riconsiderare i rapporti bilaterali nel caso di un mancato rientro dei due marò (…). Un ridimensionamento dei rapporti avrebbe colpito duramente l'Italia, e la prima vittima sarebbe stata Finmeccanica”.

Già, perchè la prima e più facile dietrologia è che la maxi-fornitura di dodici elicotteri Augusta (con sequestro di un valore pari a 560 milioni di euro!) “congelata” dal governo di New Delhi dopo l'esplosione dello scandalo Finmeccanica in Italia verrebbe a questo punto ripristinata: ma agli atti non risulta per ora né formalmente decisa la sospensione (c'è in corso un'inchiesta, in India, che comporta il blocco provvisorio dell'affare, ma è stata un atto giudiziario, non politico) né la relativa possibile “riabilitazione”. E poi, a fronte del contenzioso sull'Augusta, tanti altri “segnali deboli” sono intervenuti ad attestare che la percezione dei prodotti italiani e degli imprenditori italiani in India è ancora buona, a prescindere dal caso Marò.

“Abbiamo trovato in India una piena sintonia sul piano tecnico ed economico, ma anche su quello culturale e umano”, ha detto ad esempio l'imprenditore modenese Massimo Goldoni, presidente dell’associazione FederUnacoma, che un mese fa ha portato tante aziende produttrici di macchine agricole a Ludhiana, in India. In questa città, cuore del comprensorio della Punjab Agricultural University, alla grande fiera agricola “Kisan Mela”, le macchine agricole italiane l'hanno fatta da padrone, davanti a circa 250 mila visitatori... Le imprese espositrici tricolori sono state diciannove.“Un buon segno”, ha detto Goldoni, “per le relazioni tra l'Italia e l'India”. Della crisi diplomatico-militare, neanche un'eco.

Meglio così. Perchè se l'India “si offendesse” sul serio con l'Italia, altro che  il blocco degli elicotteri potrebbe adottare contro il governo di Roma. Nell'interscambio, ovviamente, ha più l'Italia da perdere che l'India. Attualmente, sono circa 400 le società italiane già operanti in India, con un interscambio commerciale che, nel 2011 (secondo gli ultimi dati disponibili forniti dall’Istat), era aumentato del 18,2% sul 2010 attestandosi a 8,5 miliardi di euro. Il 2012 invece è andato decisamente peggio alle esportazioni italiane verso il gigante asiatico che si sono ridotte del 10,3% (dati Assocamerestero di febbraio 2013). Però – diplomazia permettendo – l'India potrebbe ritornare ad essere un “Eldorado” per le imprese occidentali: il governo di New Dehli ha varato infatti un piano di investimenti infrastrutturali da 650 miliardi che fa gola a tutti, a cominciare dall'Italia: per Confindustria l'obiettivo è far crescere il valore dei beni e servizi esportati o realizzati in India a quota 15 miliardi entro il 2015.

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Sergio Luciano