Eurozona: i motivi dello scontro tra Mario Draghi e la Germania
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Economia

Eurozona: i motivi dello scontro tra Mario Draghi e la Germania

Tassi d'interesse, bond governativi in pancia alle banche e fondo di garanzia: tutte le tensioni tra Berlino e il presidente della Bce

"Lavoro per l'Eurozona, non per la Germania". Attaccato non da oggi dai media e dai politici tedeschi in merito alle decisioni della Bce, Mario Draghi ha deciso di rispondere non solo spiegando il perché sia convinto della bontà delle stesse, ma incrociando verbalmente il fioretto con Berlino. Ma quali sono esattamente i motivi dello scontro in corso tra la Germania e il presidente della Banca centrale europea?

Tassi bassi, tensione alta
Il primo, importantissimo "pomo della discordia" riguarda i bassi (praticamente azzerati) tassi di interesse voluti dalla Bce e vissuti in Germania come un elemento che penalizza i risparmiatori e ancor di più le "Sparkasse", le casse di risparmio che sono al contempo caposaldo e leva dell'economia del Paese. Da qui l'attacco frontale a Mario Draghi, la cui replica insiste sul punto di cui sopra: "Abbiamo un mandato per la stabilità dei prezzi per tutta l'Eurozona e non solo per la Germania".

Banche e titoli di Stato
L'altro scottantissimo tema, che sarà tra l'altro sul tavolo del vertice Ecofin di oggi e domani ad Amsterdam, riguarda la richiesta tedesca di porre un tetto ai titoli di Stato posseduti dalle banche. Peraltro contraria a porre un tetto in tal senso, la Bce ritiene però che tale proposta non debba e non possa essere discussa solamente a livello europeo, ma vada portata a Basilea, nella sede della Banca dei regolamenti internazionali. Da qui lo scontro con Berlino, con l'oggetto del contendere che sta comunque a monte: ovvero nella volontà da parte di alcuni Stati membri dell'UE (tra cui l'Italia) di istituire una garanzia europea sui depositi sino a 100 mila euro per scongiurare il rischio che un eventuale fallimento di una banca debba sempre essere sostenuto solo dal Paese di provenienza che potrebbe anche non essere in grado di intervenire.

Dapprima dichiaratasi d'accordo riguardo tale garanzia europea sui depositi, vista di buon occhio dalla stessa Bce, la Germania ha però poi fatto marcia indietro vincolandola al fatto che venisse posto un limite al volume di bond governativi presenti nella "pancia" delle banche, assegnando a ciascun titolo di Stato un grado di rischio e obbligando gli istituti di credito a mettere a bilancio una copertura finanziaria che non le faccia finire in default finanziario in caso di crisi sovrana. Ipotesi, questa, che metterebbe a rischio la già precaria stabilità delle banche italiane, che attualmente hanno in cassaforte 270 miliardi di Bot e Btp, per una concentrazione doppia rispetto alla media europea.

In un tale contesto, facile quindi per la Germania attaccare l'italiano Mario Draghi accusandolo di essere contrario all'operazione perché impegnato a difendere interessi di parte. Un attacco che non considera come la Bce abbia invece già deciso di affrontare il problema con il piano denominato Quantitative Easing e basato sull'acquisto di bond governativi (il 15% italiani) dalle diverse banche per l'equivalente di 80 miliardi di euro al mese.

Gli altri "spigoli" tra Germania e UE
Al di là della querelle con Draghi, la Germania è poi in rotta di collisione con diversi altri Stati dell'UE - a partire dall'Italia - riguardo il Migration Compact, ovvero la proposta di sostenere i Paesi più impegnati nell'accoglienza dei migranti non solo prevedendo lo scomputo dal deficit delle spese sostenute per affrontare l'emergenza, ma anche prevedendo l'emissione di bond comunitari per finanziarne l'impegno.

- LEGGI QUI COS'È IL MIGRATION COMPACT

Il timore della Germania è infatti quello che così facendo si possa arrivare a un indebolimento finanziario dell'Eurozona, con conseguente parere contrario a qualsiasi forma di debito da parte dell'Unione Europea. Con il "nein!" che si estende anche al taglio del debito della Grecia, ormai decisamente in prima linea sul fronte migranti e per questo finanziariamente provata, perché tale provvedimento sarebbe contrario alle regole dell'Eurozona, a dispetto del parere favorevole del Fondo monetario.

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Redazione Economia