Marijuana libera in Uruguay: le conseguenze economiche
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Economia

Marijuana libera in Uruguay: le conseguenze economiche

Lo Stato incamererà le tasse sulla vendita di cannabis. E il resto del mondo ora è costretto a riflettere sul seguire o meno il modello uruguayano

L’Uruguay ha detto sì. Il Paese sudamericano è il primo ad aver legalizzato l’intera filiera della marijuana. I suoi cittadini, dunque, potranno coltivare, comprare e fumare marijuana. Per il presidente Jose Mujica che ha sostenuto la legge, si tratta di una scelta strategica alternativa alla costosa guerra al traffico di droga promossa dagli Stati Uniti che finora, soprattutto nei Paesi del Centro e Sud America, ha portato a conseguenze distruttive e a pochi risultati

A partire da aprile, dunque, i cittadini maggiorenni uruguayani potranno acquistare fino a 40 grammi di marijuana al mese da farmacie autorizzate, a patto di permettere alle autorità di monitorare i loro acquisti e coltivare fino a sei piante di cannabis a casa propria. Sarà inoltre possibile formare club con un massimo di 45 membri dove fumare marijuana. I club, a loro volta, potranno coltivare fino a 99 piante di cannabis all’anno. “Quello che prende il via ad aprile sarà un esperimento che implica un cambiamento culturale e ha come ambizione la protezione della salute pubblica e la lotta al traffico di droga”, ha spiegato la first lady Lucia Topolansky. Secondo i sostenitori della legge, la liberalizzazione avrà diversi vantaggi anche dal punto di vista economico: innanzitutto, in alternativa alla spesa per la lotta al commercio illegale, lo stato incamererà le tasse sulla vendita di cannabis. Inoltre, potrà beneficiare di un ritorno dalla riduzione della popolazione carceraria: a oggi, un terzo dei detenuti dell’Uruguay sta scontando una pena legata al traffico di stupefacenti.

Ma la vera novità della liberalizzazione non riguarda soltanto i 3,3 miloni di cittadini del Paese sudamericano (di cui pare che i consumatori siano l’8%), ma tutti quelle economie in cui il dibattito sulla trasformazione di un’industria illegale in una legale è sempre acceso. Secondo Time , che lo scorso agosto aveva dedicato un articolo all’argomento, la scelta dell’Uruguay e la presa di posizione del suo presidente obbligano tutti i rappresentanti politici degli altri Paesi a riconsiderare il proprio astensionismo. Anche in Stati come il Colorado e Washington dove l’uso e il commercio di cannabis sono stati legalizzati, il passaggio è avvenuto sotto pressione dei cittadini, mentre i rappresentanti stavano a guardare. Paradossalmente, infatti, i politici – per non inimicarsi la parte di cittadini contraria alle liberalizzazione delle droghe leggere che interpreta come un via libera alle droghe pesanti– sceglie la posizione della neutralità. Se l’esperimento dovesse avere successo, dunque, è molto probabile che l’effetto della liberalizzazione dell’Uruguay si farà sentire anche in Europa e negli Stati Uniti. I Paesi occidentali saranno in qualche modo obbligati, se non altro su pressione dei cittadini, a riconsiderare le proprie politiche in relazione alla legalizzazione.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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