Manovra Bce: le conseguenze dei tassi a zero
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Economia

Manovra Bce: le conseguenze dei tassi a zero

Mutui e prestiti più facili (o almeno si spera) e rendimenti avari per depositi, fondi, polizze, titoli di stato. Le conseguenze delle decisioni di Draghi

Mutui e prestiti più facili (o almeno si spera) e rendimenti più avari per depositi, polizze, fondi e titoli di stato. Sono le probabili conseguenze dell'ultima manovra di Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea (Bce) che ieri, oltre ad aver ampliato il quantitative easing, ha annunciato una decisione storica: l'azzeramento totale del costo del denaro nell'Eurozona (dal precedente 0,05%) e l'ulteriore taglio in negativo (da -0,3 a -0,4%) dei tassi con cui la stessa Bce darà finanziamenti alle banche, pretendendo però che servano poi per dare nuovi prestiti alle famiglie e alle imprese. Cosa cambia dopo questa decisione? Ecco, di seguito, una panoramica sugli scenari che si aprono all'orizzonte.

Famiglie: più mutui e prestiti

La manovra sui tassi di Draghi renderà sicuramente più facile per le famiglie l'accesso ai prestiti e soprattutto ai nuovi mutui. Inoltre, Draghi ha rassicurato sul fatto che i tassi d'interesse rimarranno bassi ancora a lungo, dando così una buona notizia a chi ha già sulle spalle un mutuo a tasso variabile, che vedrà la rata restare ferma ancora per un po' (o addirittura scendere). Secondo le previsioni degli analisti, il saggio interbancario euribor a tre mesi (che è il principale parametro di riferimento per i prestiti a tasso variabile) potrebbe attestarsi sul valore negativo di -0,25%, dall'attuale -0,23%. Non è chiaro però cosa potrebbe accadere agli spread, cioè alla quota di interessi aggiuntivi che le banche applicano al debito residuo dei mutui, in aggiunta all'euribor. Non è escluso, infatti, che molti istituti di credito modifichino leggermente al rialzo gli spread sui mutui erogati, allo scopo di strappare qualche margine di guadagno in più. Questo ritocco, però, riguarderà naturalmente solo i nuovi finanziamenti e non quelli già accesi.

Imprese: più larghi i cordoni della borsa (o almeno si spera)

Tra il 2004 e il 2015, il tasso d'interesse medio sui prestiti delle banche alle imprese è sceso in Italia di quasi un punto, dal 3,6 al 2,7%. Con l'ulteriore abbassamento del costo del denaro di ieri, è probabile che questo trend si consolidi. Si spera poi che le banche, grazie ai finanziamenti a buon mercato che arrivano dalla Bce con il nuovo programma Tltro, siano anche meno avare nel dare soldi in prestito alle aziende. Nei prossimi mesi, infatti, gli istituti bancari potranno avere liquidità da Francoforte a un tasso negativo (-0,4%), purché questa iniezione di soldi si traduca subito in nuove linee di credito alle imprese. In pratica, le banche verranno pagate dalla Bce per sostenere l'economia con i loro prestiti. La speranza è che questi incentivi funzionino visto che, secondo le stime della Cgia (l'associazione degli artigiani di Mestre), negli ultimi 12 mesi i finanziamenti alle aziende si sono purtroppo contratti di 15 miliardi di euro, nonostante il quantitative easing fosse già avviato.

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Conti e depositi, l'interesse è al lumicino

Mentre indebitarsi è più facile, nell'era dei tassi a zero diventa sempre più difficile per i risparmiatori far fruttare la propria liquidità parcheggiata in banca. Già oggi, i conti di deposito più redditizi offrono un rendimento non superiore all'1,5%-2% lordo annuo (1,1-1,5% netto), mentre fino al 2013 davano oltre il 3-4% lordo (2,2-3% netto). La colpa di questo calo è ovviamente dei ripetuti tagli al costo del denaro già effettuati dalla Bce. Con la sforbiciata di ieri, c'è da aspettarsi che i conti di deposito diventino ancor più avari di oggi.

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Titoli di stato, lo spread al tappeto

Il quantitative easing di Draghi ha messo da tempo al tappeto lo spread, cioè il differenziale di rendimento tra i titoli di stato tedeschi e quelli dei paesi europei “di periferia” come l'Italia. Negli ultimi mesi, il prezzo dei Buoni del Tesoro è salito, facendo scendere i loro rendimenti. Oggi, per esempio, i Btp con scadenza decennale offrono un interesse di appena l'1,37% lordo (1,2% netto) e rimarranno probabilmente su tale livello ancora per molto. Chi investe nei titoli di stato, dunque, deve accontentarsi di cedole magre.

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Polizze e fondi a caccia di rendimenti

Anche chi investe nei prodotti del risparmio gestito prima o poi sentirà gli effetti di questo calo dei tassi d'interesse in Europa. Le polizze assicurative sulla vita e i fondi comuni obbligazionari, infatti, sono grandi acquirenti di titoli di stato e oggi si stanno inevitabilmente mettendo in pancia dei bond governativi con cedole assai avare. Per questo, sarà difficile ottenere con questi prodotti dei rendimenti sopra il 3-4% come negli anni scorsi.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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