Lavoro, parte della produzione Apple torna negli Usa
Economia

Lavoro, parte della produzione Apple torna negli Usa

È notizia di qualche giorno fa che Apple investirà 100.000 di dollari per realizzare computer negli Stati Uniti trasferendo una parte della produzione che prima era in Cina. L’amministratore delegato Tim Cook, in un’intervista a Businessweek, ha dato questa comunicazione …Leggi tutto

Tim Cook - CEO Apple (Credits: LaPresse)

È notizia di qualche giorno fa che Apple investirà 100.000 di dollari per realizzare computer negli Stati Uniti trasferendo una parte della produzione che prima era in Cina. L’amministratore delegato Tim Cook, in un’intervista a Businessweek, ha dato questa comunicazione che suona davvero controcorrente rispetto al solito, dove si vedono le aziende trasferire interi comparti operativi fuori dal proprio “paese di origine” all’insegna di un abbattimento dei costi di manodopera.

In effetti Apple, azienda all’avanguardia, aveva trasferito la produzione all’estero già diversi anni fa quindi la notizia poteva essere solo quella del ritorno. Si stima che quasi tutti i prodotti Apple venduti nel 2011 siano stati prodotti fuori dagli Stati Uniti.

Non so se nello specifico questa operazione controcorrente rappresenti un’azione di marketing “patriottico” o di una visione economica che può fare a meno di un costo della manodopera più competitivo – con ogni probabilità gran parte della produzione sarà automatizzata con un impegno di risorse umane piuttosto contenuto e in più ci sarebbe un consistente risparmio in termini di spedizioni -, ma comunque la si guardi penso sia una notizia di interesse.

Rappresenta infatti un segnale forte dal punto di vista occupazionale in primis, e strategico poi. Sarà questa la nuova tendenza per il futuro da parte delle aziende o coinvolgerà esclusivamente le attività altamente automatizzate?

Cosa avverrebbe se molte aziende italiane facessero come Apple? Quanto incide realmente il costo della manodopera a discapito della qualità? E ancor più, per aziende a predominante componente artigianale questo risulta ancor più acuto? Il mercato è mercato e ogni imprenditore è libero di far quel che reputa più vantaggioso per il proprio business, ma quanto la “missione” di un imprenditore dovrebbe tener conto di una componente etica che faccia arricchire non solo se stesso ma un sistema più allargato nel proprio paese?

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Luca Orioli

Mi chiamo Luca, classe '83, esperto di comunicazione, giornalista free lance e 'startupper' da una vita con una decina di progetti chiusi nel cassetto che stanno lentamente prendendo forma. Appassionato di fotografia e serie tv, ho una formazione umanistica e l’estremo bisogno di vedere cose nuove.
Qualche anno fa, terminata l’Università [degli Studi di Milano, laurea in Scienze dei Beni Culturali], mi sono ritrovato un po’ spaesato nell’affacciarmi sul mondo del lavoro. Leggevo annunci dove ricercavano account, responsabili risorse umane, project manager o community manager, etichette che sembravano nascondere un mondo, ma per me completamente prive di significato. Dopo diverse esperienze ho intrapreso la strada che sto percorrendo oggi, ma da quel momento è rimasta l'esigenza di tradurre in parole comprensibili il mondo delle professioni. Così nasce il mio blog, Lavoro in Corso.

Vuole essere un Virgilio nella giungla dell'impiego, una traccia per esplorare il panorama del lavoro tra professioni emergenti, opportunità sommerse, esperienze vissute e capire in cosa consiste un determinato profilo, come intraprenderlo, quale percorso fare e le competenze necessarie per arrivarci.

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