Le lacrime di coccodrillo degli imam
EPA/MAURIZIO GAMBARINI
Economia

Le lacrime di coccodrillo degli imam

La condanna da parte delle autorità islamiche della strage di Parigi è benvenuta. Ma adesso non basta più. O denunciano i fanatici o non sono credibili.

Sono molti gli esponenti islamici che da ieri pomeriggio non solo hanno preso le distanze dall'atto copmpiuto in nome di Allah a Parigi ma si sono spinti a condannarla duramente. In ordine sparso: Hussein Salah, portavoce della comunità islamica genovese ha espresso "condanna totale di ogni forma di violenza" aggiugendo che "non si può non essere scioccati per quanto accaduto a Parigi".  Izzedin Elzir, imam di Firenze, e dal 2010 presidente dell'Ucoii, l'unione delle comunità islamiche italiane, ha definito la strage un "attacco vile e criminale". I due sono stati seguiti dalle guide religiose islamiche di numerose altre città italiane e, naturalmente, francesi e di molti altri Paesi europei.

Beh, non basta. Le condanne postume sono benvenute, ma da chi crede davvero che libertà e democrazia siano dei valori, da chi dice di apprezzare la tolleranza tra i popoli e, quindi, tra le persone sia un principio assoluto, queste condanne non bastano. Non bastano più. Ciò che si deve chiedere ai capi religiosi islamici è che difendano attivamente i valori che dicono di accettare denunciando alle autorità i violenti, gli invasati, gli integralisti. Da quello che si sa finora gli stragisti di Parigi sono francesi, abitano in una piccola città, hanno frequentato i luoghi di preghiera di quella città. Non è credibile che l'autorità religiosa non sapesse, non avesse mai avuto il sospetto che il loro viaggio in Siria e poi in Mali non fosse finalizzato all'addestramento militare del quale poi si sono giovati per compiere la strage a Cherlie Hebdo. Non è credibile. Sì, quei due fratelli sospettati dell'eccidio, erano già conosciuti e schedati dalla polizia, ma quanti altri non sono né conosciuti né schedati e possono godere della copertura ideologica delle loro guide spirituali? 

Senza questo passo in avanti dei dirigenti religiosi delle comunità islamiche europee ogni presa di distanza e ogni condanna (sempre ancora troppo circoscritte e prudenti, comunque) finisce per sembrare di circostanza, di prammatica, sofferta, certamente, ma alla fine insincera. Fino a quando non verrà da parte loro un passo in avanti, fino a quando non isoleranno i violenti, non li denunceranno, non collaboreranno con le autorità per renderli inoffensivi per il Paese che li ospita e fino a quando la decisione di collaborare con le autorità di polizia non diventerà il normale modus vivendi degli islamici europei ogni lacrima postuma per ciò che hanno fatto i loro corrilegionari sarà insipida.



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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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