John Elkann e Diego Della Valle, l'Erede e il Self-made man: due rivali costretti alla pace
Economia

John Elkann e Diego Della Valle, l'Erede e il Self-made man: due rivali costretti alla pace

Agli antipodi per storia, gusti e stili di vita, si affrontano senza esclusione di colpi nella battaglia per il "Corriere". Il primo round è andato al nipote di Agnelli, mentre Mr Tod’s prepara la rivincita e invoca l’intervento di Napolitano. Ma alla fine i due dovranno accordarsi.

Il duello tra John Elkann e Diego Della Valle per il controllo del Corriere della sera, culminato con la lettera aperta di Mr Tod’s al presidente Giorgio Napolitano, è lo scontro fra due storie, due uomini, due stili. Da una parte l’erede Agnelli con tutta la forza della tradizione e la potenza di un gruppo che sta diventando davvero multinazionale. Dall’altra un imprenditore venuto dal nulla, anche se al nome Agnelli deve la potenza dell’immagine: cosa sarebbe la Tod’s senza quegli stivaletti ai piedi dell’Avvocato nei ruggenti anni 80? Là un giovane cosmopolita che pensa in francese come il padre e parla in inglese con il suo top manager. Qui un combattente che dalle Marche operose ha conquistato il mondo.

La partita è aperta, però Elkann ha vinto la prima mossa arrivando al 20 per cento, con un blitz che ha sorpreso persino il piè veloce Diego, il quale medita la rivincita. Marchionne ha proclamato che la Rcs è «strategica», proprio lui che qualche tempo fa non la pensava così. Anche Gianluigi Gabetti ha benedetto l’allievo: «John ci sa fare, il Corriere è in buone mani». Ma chiunque prevalga non può da solo comandare su un gruppo editoriale che ha bisogno di capitali e di un progetto a medio termine, al di là del salvataggio immediato.

Jaki e Ddv, dunque, dovranno trattare. È quel che auspica Giovanni Bazoli, lord protettore del Corriere, che intanto martedì 9 luglio ha bacchettato Della Valle per la lettera a Napolitano. Qualcuno immagina una spartizione: a Elkann il quotidiano di via Solferino e a Ddv la Gazzetta dello sport. Altri vedono un accordo sancito da una revisione del piano industriale affidato a un nuovo management: per questo spinge Ddv.

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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