Crollano Iva e Ires, ecco i segni più evidenti della crisi
Economia

Crollano Iva e Ires, ecco i segni più evidenti della crisi

Le entrate delle due imposte scendono rispettivamente del 9% e dell’11%, a conferma che consumi e imprese restano in gravi difficoltà

E’ una consolazione davvero misera per il nostro Fisco l’annuncio secondo cui per il bimestre gennaio-febbraio le entrate tributarie sono aumentate dello 0,6%. Il fatto che si sia superata complessivamente quota 63 miliardi di incassi, con un incremento di 365 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, resta infatti l’unica nota positiva, se è possibile considerarla tale, in un contesto generale delle entrate che invece segnala dei preoccupanti crolli. I più evidenti sono quelli dell’Iva, l’imposta che segnala lo stato di salute dei nostri consumi, evidentemente pessimi, e l’Ires, l’imposta che certifica invece le condizioni delle nostre imprese, e anche qui le note sono dolentissime.

E cominciamo proprio da quest’ultima imposta, quella sul reddito delle società, questo cahier de doleance. I dati dicono che c’è stato un tonfo dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. E se è vero che l’Ires si applica al reddito di impresa è quanto di più ovvio dedurre che a parità di aliquota rispetto all’anno scorso, fissata a quota 27,5%, quello che è diminuito sensibilmente è proprio il reddito in questione. Un segnale dunque chiaro di quale sofferenza attualmente stiano vivendo le nostre aziende. Alle quali dunque, in termini soprattutto di liquidità, potrebbe risultare un toccasana l’approvazione quanto mai veloce e immediata del decreto che sblocca i pagamenti arretrati della pubblica amministrazione.

Ma se le imprese non producono, o producono poco, i cittadini dal canto loro consumano ancora meno. E il segnale emblematico di questo stallo dei consumi arriva dal citato andamento in negativo dell’Iva. Qui le perdite di gettito sono quantificate in un significativo -9% pari a circa 1,2 miliardi di euro in meno. Un calo che secondo i tecnici della Ragioneria di Stato è dovuto in parte al ricordato raffreddamento dei consumi interni, valutati in flessione del 5,6%, e per una quota più significativa, stimata nel 22,3%, di mancati introiti derivanti dall’imposta sulle importazioni da Paesi extra europei. Insomma, lo scenario quanto mai desolante di un Paese che non spende, che non acquista più neanche dall’estero e che sempre più sembra attorcigliarsi su se stesso. E in questo senso diventa sempre più impellente la necessità di intervenire sul programmato nuovo aumento di un punto dell’Iva fissato per il prossimo luglio . Un nuovo, futuro governo, dovrebbe avere come priorità come minimo uno slittamento di questo rincaro, per evitare che i consumi subiscano un ulteriore gelata.

ECCO QUANTE TASSE PAGHIAMO DAVVERO

In questo contesto dunque di generale contrazione, l’unica voce fiscale che risulta in aumento e che contribuisce dunque a mantenere in sostanziale equilibrio i nostri conti è rappresentata dall’Irpef. L’Imposta sulle persone fisiche fa infatti registrare entrate per circa 32,5 miliardi di euro, ovvero +536 milioni di euro, pari a +1,7 per cento. Un dato positivo che si giustifica, sempre secondo la Ragioneria generale, dall’andamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente del settore pubblico e sui redditi da pensione (+3,0%) e sui redditi di lavoro dipendente del settore privato (+1,3%) . Una dinamica questa che non potrà durare a lungo se le imprese non riprenderanno quanto prima a macinare ricavi e i consumi non accenneranno a risalire ai livelli consoni ad un Paese come l’Italia.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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