Perché l’Italia è in recessione ma lo spread resta basso
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Economia

Perché l’Italia è in recessione ma lo spread resta basso

I segnali economici sono negativi, ma al contrario di quanto atteso i titoli di stato rendono poco. Il motivo? Mario Draghi e la Bce

Più che la filosofia e la matematica, come ci hanno insegnato al liceo, oggi è la finanza (che forse si nutre di entrambe) il regno del paradosso.

Prendiamo l'ormai a tutti noto spread, ossia lo scarto tra il rendimento del titolo di Stato italiano a 10 anni e il Bund, obbligazione analoga della Germania, parametro di riferimento per tutti i titoli di Stato dell'Eurozona.

Bene: il differenziale tra Btp e Bund da giorni viaggia poco sopra i 160 punti, con un rendimento del titolo decennale italiano ben al di sotto del 3%. Stamattina, ad esempio, è sceso di due punti al 2,62% rispetto all'1% del corrispettivo tedesco.

Non solo. In flessione risultano anche i titoli di Stato analoghi francesi, gli Oat (1,40%), e spagnoli, Bonos (2,32%).

Se il rialzo dei prezzi delle obbligazioni governative europee (che spinge al ribasso i rendimenti corrispondenti) seguisse un comprensibile contesto di fiducia e di ottimismo diffuso non ci sarebbe nulla di strano. Ma sappiamo che così non è.

Le statistiche ufficiali (e i giornali europei, non solo italiani) ci descrivono un continente diverso, con l'Italia in recessione, la locomotiva tedesca in frenata dopo due anni di crescita, la Francia ancora al "pit stop" (crescita 0 per il secondo trimestre consecutivo) e la sola Spagna, con tutti i problemi sul fronte della disoccupazione ancora da risolvere, in recupero (+0,6% nel secondo trimestre).

Il tutto con un due conflitti alle porte: l’uno a Est tra Russia e Ucraina e l'altro a Sud, nel Medio Oriente che, come ha spiegato la Bce, minacciano la ripresa dell’Eurozona.

E allora? Cosa sta accadendo? Grandi investitori, banche, compagnie assicurative e fondi di investimento cosa stanno facendo? Semplice, aspettano Mario Draghi e le mosse della Bce.

Anche questa volta, infatti, a sostenere i nostri titoli di Stato non è la politica (più fonte di incertezza che di fiducia negli ultimi anni) né tantomeno l’economia reale. È  Mario Draghi, o meglio la Bce da lui presieduta e le attese su interventi decisi di politica espansiva in risposta a una situazione economica in deterioramento.

È il nuovo Ltro, che potrebbe dare origine (si spera) a un nuovo "carry trade" a livello europeo, un escamotage, simile a quello utilizzato dai fondi speculativi, che permetterebbe alle grandi banche di prendere a prestito del denaro a basso costo per poi investirlo in titoli di Stato.

Del resto, come sostengono molti investitori, dal discorso tenuto nel 2012 dal presidente dell’Eurotower (quel "whatever it takes" passato alla storia) abbiamo assistito a una serie di fasi in cui gli investitori generalmente non puntavano sulla ripresa (con spread in allargamento e tassi in rialzo), seguite da altre di forte ottimismo, grazie alla "droga" dell'Eurotower, che hanno visto crescere invece il livello di fiducia e degli investimenti, contribuendo così ad apprezzare i titoli di debito degli stati dell'Eurozona.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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