Investimenti: perché Bot e Btp battono la borsa (quella italiana)
Economia

Investimenti: perché Bot e Btp battono la borsa (quella italiana)

Per l'ufficio studi di Mediobanca, i titoli di stato si rivelano ancora una volta più redditizi di Piazza Affari

Una perdita complessiva del 5,6%. E' il bilancio assai magro raccolto in media nel 2013 da chi, circa 10 anni fa, avesse deciso di puntare sulla borsa di Milano (anche reinvestendo i dividendi distribuiti dalle società quotate) . A rivelarlo è la consueta indagine sui titoli del listino milanese effettuata dall'ufficio studi di Mediobanca, che evidenzia una realtà incontestabile: negli ultimi due lustri, le azioni di Piazza Affari hanno regalato ben poche soddisfazioni agli investitori. Meglio ha fatto, dunque, chi ha preferito acquistare i titoli di stato, persino quelli di breve scadenza come i Bot (Buoni ordinari del Tesoro).

I BOT, I BTP E LO SPREAD

IL DOWNGRADE DELL'ITALIA

Sempre nell'ultimo decennio, il rendimento dei titoli di stato con durata di 12 mesi ha oscillato infatti tra un minimo dello 0,97% nel 2013 e un massimo del 4,33% nel 2011. Non è moltissimo ma è quanto basta per accontentarsi, visto quello che è successo contemporaneamente sul listino milanese. E allora, sorge spontaneo un interrogativo: l'investimento nei Buoni del Tesoro è sempre preferibile a quello in azioni? Per chi non vuole mai correre rischi, la risposta è senza dubbio affermativa. A ben guardare, però, alla base delle performance deludenti di Piazza Affari, c'è anche una ragione particolare, tutta legata alle caratteristiche anomale della la borsa italiana.

Il listino milanese è infatti un mercato periferico (oggi rappresenta appena lo 0,9% della capitalizzazione di tutte piazze finanziarie mondiali), fortemente sbilanciato su pochi settori, a cominciare da quello bancario e creditizio. E nell'ultimo decennio, per chi non lo sapesse ancora, i titoli delle banche non hanno fatto certo faville sul mercato, soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2007-2008. Non a caso, la performance registrata tra il 2003 e il 2013 da altre borse europee (che hanno una composizione di titoli ben più diversificata) è di segno ben differente rispetto a quella di Piazza Affari. L'indice di Francoforte, per esempio, ha guadagnato nel complesso il 129% (in media più dell'8,5% composto all'anno), seguito da Londra (+85%), Parigi (+55%) e persino da Madrid (+59%), nonostante i problemi economici che attanagliano la Spagna. Per non parlare poi del Nasdaq di New York (+187%) o dei listini dei paesi emergenti che hanno messo a segno rialzi a tre cifre, tra cui spicca quello della borsa indonesiana (+950% circa).

Gli italiani che vogliono guadagnare con le azioni, insomma, oggi non possono trascurare l'idea di guardare anche al di fuori dei confini nazionali, senza restare ancorati un listino minore come quello milanese. Tuttavia, dopo dieci anni di vacche magre, non va affatto scartata l'ipotesi che per Piazza Affari possa arrivare finalmente il momento della riscossa, se i titoli bancari torneranno a viaggiare con il turbo.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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