India: il governo aiuta i poveri distribuendo contanti
Economia

India: il governo aiuta i poveri distribuendo contanti

Dal 1 gennaio 2013 l'assistenza sociale verrà gestita solo tramite trasferimenti di denaro. Accessibili solo per i (pochi) indigenti che dispongono di un conto corrente

Il 2013 sarà un anno importantissimo per l'India. E non tanto perché se le ultimissime riforme che il governo è riuscito con fatica a far approvare dal Parlamento non riusciranno a rilanciare la crescita il paese si ritroverà a dover organizzare elezioni anticipate e, soprattutto, a trovare in extremis un altro modo per scongiurare la fuga di capitali che lo minaccia. Quanto perché i poveri, vale a dire il 77% della popolazione nazionale, verranno coinvolti in una vera e propria rivoluzione. Di abitudini.

Che sia o meno una mossa elettorale non importa. Ciò che conta è che, per una volta, il Governo ha cercato di impegnarsi a combattere una delle più gravi ingiustizie che da sempre fanno sì che poveri e poverissimi ottengano ben poco dalle decine di programmi di sussidi sponsorizzati da New Delhi. Il motivo? Semplice: la necessità di far passare le risorse in questione tra le mani di parecchi intermediari prima di giungere a destinazione ne comporta una sostanziale riduzione. Del resto, il Subcontinente è pur sempre il regno della corruzione...

Per evitare questo enorme (e inaccettabile) spreco di risorse, dal 1 gennaio 2013 in 51 distretti indiani alcuni programmi di assistenza sociale (relativi a borse di studio, contributi sulla casa, pensioni, eccetera) verranno cancellati e sostituiti dalla distribuzione di contanti: tra i 550 e i 730 dollari l'anno a seconda del livello di povertà. L'equivalente di quanto New Delhi ha sempre speso per aiutare gli indigenti con il welfare.

L'obiettivo è quello di riuscire entro la fine del 2013 a estendere la pratica della distribuzione dei contanti in tutto il paese, cancellando anche quei sussidi (generi alimentari e carburanti) che per ora l'opposizione si rifiuta di eliminare. Un traguardo che non sarà così facile da raggiungere. Da un lato perché il progetto di attribuzione di un numero di identificazione personale a tutti gli abitanti non è ancora stato completato, e ad essere privi di un documento che li identifichi come legittimi destinatari dei contanti sono soprattutto i poveri. Dall'altro perché le banche da sempre cercano di scoraggiare gli indigenti dall'aprire un conto che sarebbe per tutti troppo poco redditizio. Senza dimenticare che nella maggior parte delle aree rurali del Subcontinente gli istituti di credito non esistono.

Dal punto di vista dei critici, quindi, questo sistema ha due grossi punti deboli. Il fatto che l'attribuzione del numero di identificazione nazionale non sia ancora stata completata impedisce a una grossa fetta di indiani di aprire un conto (ammesso che nel frattempo le banche decidono di creare nuovi sportelli nelle campagne) e di ricevere i sussidi in contanti. In queste condizioni, sarà quindi necessario inserire nuovi intermediari nel processo di distribuzione delle risorse, senza poter fornire alcuna garanzia sulla trasparenza delle transazioni da loro gestite. Inoltre, c'é chi dice che lasciare i poveri liberi di scegliere autonomamente come spendere i loro soldi potrebbe portarli ad allocare male le risorse a disposizione, peggiorando ulteriormente le proprie condizioni.

Chi contesta le critiche sottolineando che questo sistema è già stato applicato con successo da altre nazioni in via di sviluppo, in particolare quelle sudamericane, viene smentito da chi è convinto che i sussidi in contanti siano utili solo quando il governo ha già garantito un'assistenza di base (gratuita e di buon livello) accettabile a tutti i cittadini. Cosa che in India non succederà mai.

Ora, per quanto tutte queste accuse siano legittime, va ricordato che al momento i poveri indiani quando sono fortunati riescono a ottenere una parte dei contributi cui hanno diritto, ma spesso per una serie di cavilli burocratici reali o fittizi le amministrazioni locali preferiscono dimenticarsi di loro. Quindi l'idea di trovare un modo per evitare che questo avvenga e aiutare gli indigenti ad entrare in possesso delle risorse stanziate per loro è senza dubbio buona. Certo, senza risolvere il problema dell'identificazione dei singoli cittadini e senza garantire loro la possibilità di aprire un conto corrente le probabilità di successo dell'iniziativa si riducono. Evitare che le risorse vengano sperperate, invece, è possibile: basterebbe porre dei vincoli al loro steso utilizzo. In fin dei conti, quindi, varrebbe la pena quando meno lodare la volontà dell'esecutivo di Manmohan Singh di modificare un sistema completamente inefficiente. Anche se questo è stato fatto a fini elettorali.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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