Incentivi alle assunzioni, quanti posti si possono creare
Alessandro Di Meo/Ansa
Economia

Incentivi alle assunzioni, quanti posti si possono creare

Il ministro dell'Economia Padoan stima 800mila occupati in più in tre anni e la Cgia di Mestre oltre 400mila in un anno. Ma resta il nodo delle risorse

Circa 800mila posti di lavoro in tre anni. Sarà l'effetto dei nuovi incentivi alle assunzioni introdotti dal governo Renzi, almeno a sentire le parole pronunciate ieri dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, durante un'intervista televisiva rilasciata al programma In Mezz'ora di Lucia Annunziata. Ancor più ottimista è la Cgia, (la confederazione degli artigiani di Mestre) che, seppur a grandi linee, ha stimato in oltre 420mila il numero delle potenziali nuove assunzioni portate in dote dagli sgravi governativi. Da dove hanno origine queste cifre?


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Per orientarsi meglio nei calcoli, bisogna partire dalle risorse stanziate dal governo con la Legge di Stabilità e destinate proprio agli sgravi sui neoassunti. Il “tesoretto” è di circa 1,9 miliardi di euro all'anno, a partire dal 2015. Ogni incentivo consiste nel totale azzeramento dei contributi per 36 mesi sui nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato, con un tetto massimo di 6.200 euro annui per ciascuno. Tale soglia basterà per annullare totalmente gli oneri contributivi (il 37% del salario lordo) che gravano solitamente sull'impresa ogni volta che assume un lavoratore che guadagna 1.200 euro netti al mese.


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Dunque, dividendo gli 1,9 miliardi disponibili per l'importo di 6.200 euro previsto per ogni incentivo, si ottiene una cifra attorno alle 306mila unità, corrispondente al numero di nuovi contratti a tempo indeterminato che potrebbero essere firmati nel 2015. Nell'arco di un triennio, almeno in teoria, i nuovi posti di lavoro potrebbero essere dunque il triplo di 300mila, cioè oltre 900mila, addirittura più di quanti ne ha previsti Padoan. La Cgia di Mestre ha inoltre messo in evidenza un altro particolare importante. Se i contributi sul costo del lavoro verranno azzerati, non saranno più deducibili per le aziende dalle tasse e in particolare dall'Ires (l'imposta sui redditi delle società). Dunque, le imprese che assumeranno un giovane senza pagare i contributi verseranno comunque un po' di soldi in più al fisco: un incentivo di 6.200 euro, per esempio, fa crescere di 1.705 euro l'Ires dovuta. Questo meccanismo garantirà dunque maggiori entrate alle casse pubbliche e le risorse raccolte, a detta della Cgia, potranno poi essere utilizzate per dare altri incentivi sulle assunzioni, facendo salire a oltre 420mila il numero dei potenziali nuovi posti di lavoro.


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Non resta che augurarsi che tutte queste previsioni siano centrate in pieno, anche se c'è un rischio non trascurabile: gli incentivi alle assunzioni potrebbero essere utilizzati per lo più da imprese che hanno già l'intenzione di reclutare nuovi addetti, indipendentemente dalle agevolazioni, e non dalle aziende che sono invece ancora indecise se allargare o meno il proprio organico. Non va dimenticato, infatti, che in Italia le imprese che assumono non sono affatto sparite, nonostante la crisi economica. Queste aziende, piuttosto che usare i contratti stabili, oggi preferiscono purtroppo assumere a tempo determinato. Secondo i dati del ministero del Lavoro, per esempio, ogni trimestre vengono firmati circa un milione e mezzo di contratti a termine in tutta la Penisola, contro circa 400mila assunzioni stabili. Potrebbe dunque accadere che, grazie agli incentivi, i lavori a tempo indeterminato crescano sensibilmente, cannibalizzando però soprattutto quei contratti a termine o precari che sarebbero stati comunque proposti dalle imprese ai neoassunti. In tal caso, si avrebbe una maggiore stabilizzazione dei rapporti di lavoro (ed è un fatto positivo) ma non si registrerebbe purtroppo una crescita consistente del numero totale degli occupati.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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