Imu, i tre motivi per cui non piace all'Europa
Economia

Imu, i tre motivi per cui non piace all'Europa

È una patrimoniale approssimativa, poco equa e non è chiara la definizione di 'prima casa'. Così Bruxelles suggerisce all'Italia di ritoccare la tassa sulla casa

Ce l’hanno chiesta loro in qualche modo, ma così com’è l’Imu non piace ai signori di Bruxelles. Ha ragione il premier uscente Mario Monti quando ricorda che l’imposta municipale è stata introdotta anche perché ce lo chiedeva l’Europa, che allora lamentava un eccessivo favore fiscale sulla casa (che oggi non c’è più...). Ma adesso non sembra più piacere a nessuno: in patria, ovviamente, per ragioni elettorali al punto che quella tassa sulla proprietà (che ha prodotto 24 miliardi di gettito nelle casse dello Stato) sembra ormai senza padre né madre; in Europa perché sarebbe stata congegnata male e sarebbe quindi “ingiusta”.

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Ma di cosa ci incolpa l'Europa?

Nel Rapporto 2012 della Commissione Ue su “occupazione e sviluppo sociale” alla creatura del decreto SalvaItalia si imputa soprattutto una sorta di cecità che la porta a colpire in maniera indistinta e soprattutto sulla base di valori patrimoniali sostanzialmente inaffidabili. Tre i capi d’accusa europei a carico dell’Imu:

1. L’Imu non è calcolata in base al reale valore dell’immobile: è quindi una patrimoniale “approssimativa”. E questo accade per una ragione che Bruxelles conosce bene: il catasto italiano è vecchio, inattendibile, inutile quindi non dà alcuna indicazione sulla reale ricchezza immobiliare e produce distorsioni ben note a tutti. L’effetto è stato accentuato dai moltiplicatori (mediamente del 60%) introdotti proprio per correggere estimi ampiamente superati dal mercato. Non è facile rimediare: è da circa 20 anni che si prova a fare una riforma del catasto. Ci ha provato anche il governo Monti ma la delega fiscale che la conteneva s’è persa nelle acque preelettorali del Parlamento.

2. L’Imu non è equa neanche quando fa gli sconti. La Ue sottolinea positivamente le agevolazioni per la prima casa (200 euro + 50 per figlio convivente) ma fa notare che sono uguali per tutti, indipendentemente dal reddito. Stesso trattamento fra chi può permettersi un attico in centro e chi invece vive in un monolocale di periferia. Da migliorare.

3. La distinzione fra prima e seconda casa non è sempre chiara: questo ha generato molta confusione e qualche controversia. Bruxelles apprezza la differenza di aliquota ma invita a migliorare l’identificazione della prima abitazione per evitare che si creino situazioni paradossali (e ingiuste) come quelle verificatesi con gli anziani residenti in una casa di riposo ma costretti a pagare per l’unica proprietà immobiliare. Basta un poco di buon senso.
Sono tutti suggerimenti utili quelli europei. Che serviranno a poco se l’Imu verrà abolita, come viene promesso in questi giorni, o se invece sarà ritenuta incostituzionale, come ritiene l’ex ministro Giulio Tremonti, che invita a fare ricorso.  Se ne riparlerà fra pochi mesi.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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