Imu, ecco perché il Vaticano dovrà pagare (di più)
Economia

Imu, ecco perché il Vaticano dovrà pagare (di più)

Il Consiglio di Stato impone di cambiare la definizione di attività commerciale allargandone lo spettro d'azione

Si dovrà ricredere chi pensava che la vicenda dell’Imu agli immobili del Vaticano potesse considerarsi conclusa con il via libera annunciato ieri dal Consiglio di Stato al decreto che stabilisce i criteri per definire gli immobili di proprietà ecclesiastica sottoposti al regime della nuova tassa sulla casa. L’organo supremo della giustizia amministrativa ci ha chiarito infatti che se è corretto affermare che il decreto non è stato tecnicamente bocciato, è altrettanto vero che sono state sollevate delle importanti riserve al testo presentato dal governo, e che tali riserve sono assolutamente vincolanti, e dunque il nuovo regolamento non potrà vedere la luce prima che tali modifiche non verranno apportate.

Insomma la Chiesa dovrà pagare l’Imu, e questo sembra ormai un dato di fatto, ma tale esborso dovrà essere superiore e di molto anche a quello che il governo sembrava in un primo momento voler stabilire. Le critiche rilevate dal Consiglio di Stato infatti si sono appuntate proprio sulla definizione degli immobili adibiti ad attività commerciale. Grazie infatti ad una versione molto restrittiva utilizzata dal governo nel decreto originale, sarebbero rimasti fuori una serie di immobili che comunque praticavano attività commerciali, anche se con guadagni non tali da far pensare ad una impresa di lucro.

Una interpretazione che non è piaciuta al Consiglio di Stato che ha chiesto invece di rifarsi alla definizione di attività commerciale utilizzata a livello europeo, che amplia questa categoria, specificando che per non poterle definire tali non solo deve mancare lo scopo di lucro, ma devono essere del tutto assenti i caratteri di attività economica. Specifiche queste che non devono apparire come questioni di lana caprina, perché dall’utilizzo o meno di tali criteri discenderà un gettito di Imu da parte della Chiesa con differenze molto rilevanti.

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Senza contare che, come hanno fatto sapere sempre dal Consiglio di Stato, di mezzo ci sarebbe anche un eventuale intervento dell’Unione europea, che ha già fatto sapere in un’occasione precedente, che il mancato e corretto pagamento dell’Imu da parte della Chiesa potrebbe portare ad una procedura di infrazione contro l’Italia con relativa pesante multa.

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Tra l’altro la Commissione di Bruxelles nella stessa occasione aveva anche chiesto al governo di recuperare gli arretrati della vecchia Ici non pagati dalla Chiesa dal 2006. Ebbene, secondo indiscrezioni rilanciate oggi dal quotidiano Milano Finanza però, nelle pieghe del decreto il governo avrebbe lasciato cadere anche questa richiesta. E pensare che stiamo parlando di arretrati dell’ordine di circa 2,5 miliardi di euro, che in questi tempi di crisi non sarebbero proprio pochi spiccioli per le malandate casse dello Stato.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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