Il messaggio di Draghi per il dopo voto
Economia

Il messaggio di Draghi per il dopo voto

Sarà la sede (l’Accademia cattolica di Baviera), sarà il momento politico (subito dopo le elezioni italiane che hanno provocato un nuovo allarme sistemico, come dicono i tedeschi), saranno le tensioni interne riemerse dentro la Banca centrale europea (Jens Weidmann, presidente …Leggi tutto

Sarà la sede (l’Accademia cattolica di Baviera), sarà il momento politico (subito dopo le elezioni italiane che hanno provocato un nuovo allarme sistemico, come dicono i tedeschi), saranno le tensioni interne riemerse dentro la Banca centrale europea (Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e influenti membri del direttorio come il belga Peter Praet, vorrebbero metter fine a ogni intervento straordinario e tornare all’ortodossia). Fatto sta che il discorso pronunciato martedì da Mario Draghi contiene messaggi importanti. Vediamoli.

1) “Ci sono chiari limiti alla politica monetaria: non possiamo riparare bilanci non sani. Non possiamo ripulire banche in difficoltà. Non possiamo risolvere problemi profondamente radicati nella struttura delle economie europee”. Dunque, “condividere una moneta unica è possibile solo se ogni paese si assume le proprie responsabilità”.

2) Mentre alcuni, come la Germania, chiedono di fare meno, altri come la Spagna (e l’Italia) chiedono di fare di più. “La nostra risposta a entrambi è la stessa: preserveremo la stabilità dei prezzi, questo è il nostro mandato”.

3) L’inflazione è sotto il due per cento e l’aumento di liquidità non si è trasformato in nuova base monetaria. Dunque, i pericoli evocati dalla Bundesbank non hanno nessun fondamento. E Draghi lo ha detto non come parere personale, ma come un dato di fatto, per mettere fine alla nuova Fronda interna.

4) I progressi compiuti  sono impressionanti. Ma non sufficienti. “Ci sono paesi (la Spagna, ndr.) dove la metà dei giovani è senza lavoro. E paesi (l’Italia) in cui le tasse non pagate sono stimate a 55 miliardi di euro. L’equità che si chiede nelle politiche di aggiustamento, deve partire dall’interno dei singoli paese”.

5) “La disoccupazione è una tragedia e l’area euro non ha ancora recuperato il prodotto lordo del 2008″. Per questo ci vogliono riforme strutturali.

6) “Non possiamo restare fermi al punto in cui siamo. Occorre una più forte risposta collettiva. In altre parole bisogna costruire una forte e profonda unione economica e politica in Europa”.

Come si vede, quello di Draghi è un intervento politico, non solo da banchiere centrale, ma da ministro dell’economia in pectore di una futura Europa unita. E ci sono chiari segnali, impliciti nella forma espliciti nella sostanza, per l’Italia post elettorale dove si sta cercando una via d’uscita dallo stallo creato dalle scelte degli elettori. Draghi ha parlato di “fallimenti del mercato” alla radici della crisi e dell’attacco all’euro. Ebbene, ci sono anche i fallimenti della democrazia, del tutto simili. Nell’un caso e nell’altro, l’insieme delle scelte individuali può creare un’asimmetria generale, provocando un gioco a somma negativa.

Se vogliamo cogliere le indicazioni di Draghi, allora nell’agenda delle “cose da fare” subito, quelle sulle quali cercare convergenze tra i partiti, occorre mettere in cima la disoccupazione, le riforme economiche e il risanamento; bisogna cominciare da qui, non dalle solite fumisterie meta-politiche. Una nuova legge elettorale è importante, come ridurre i parlamentari e via dicendo. Ma al primo posto c’è l’aumento dei posti di lavoro, la riduzione delle imposte, il ridimensionamento di una spesa pubblica eccessiva e improduttiva, non solo quella per la politica, ma anche quella per mantenere un apparato dello stato bolso e inefficiente.

Certo, se Draghi fosse disponibile a guidare l’Italia fuori al tunnel, potremmo evitare una nuova tempesta finanziaria. Perché la fiducia, come ha detto a Monaco, è la condizione fondamentale per superare la crisi. Ma non è necessario che il pilota stia a palazzo Chigi, potrebbe anche seguire il decollo da Francoforte, in cima dell’Eurotower trasformata in torre di controllo.

Leggi anche su Cingolo. it come-sgonfiare-grillo-e-placare-i-mercati/

 

I più letti

avatar-icon

Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

Read More