Il contadino italiano che coltiva mais ogm
2018, Silvano Dalla Libera (1946) imprenditore assieme a Giorgio Fidenato da anni sostiene e si batte per la coltivazione di mais OGM. © FABRIZIOGIRALDI
Economia

Il contadino italiano che coltiva mais ogm

Si chiama Silvano Dalla Libera, vive in provincia di Pordenone, e da dieci anni sfida lo Stato per ottenere la possibilità di coltivare

«Mi hanno dato dell’untore, del servo delle multinazionali, ma il massimo è stato quando mi hanno accusato di aver contaminato il 10 per cento del Friuli». Chi? «Il comandante nazionale del Corpo Forestale e la singolarità è che a sconfessarlo sono stati gli stessi agenti del Corpo Forestale regionale».

A casa di Silvano Dalla Libera, il primo contadino italiano che nel 2006 ha scelto di coltivare mais ogm, scherziamo quindi sulla sua pericolosità. Aiutati da Google andiamo a ricercare i titoli dei giornali che lo descrivono ancora come il responsabile della diffusione del pericolosissimo morbo, della nuova peste. Velocemente troviamo questi: «Ogm. È disastro ambientale»; «Friulani ostaggi del mais mostro»; «È contaminazione», «Gli Ogm colonizzano il Friuli». Dunque sono a casa di un “mostro”? «Secondo lei?». Non mi sembra. «Ho 72 anni e ho iniziato a fare il contadino a 10 anni quando un incendio ha devastato la casa della mia famiglia. La ghiaia necessaria per ricostruirla è stata trasportata da me e da mia sorella con l’aiuto di un carretto».

Dal carretto si è spinto fino agli ogm. «Io credo che sia un salto bellissimo. Così come dall’aratro al trattore, dal vapore all’alta velocità. Ma davvero crede che se solo avessi avuto il minimo dubbio sulla pericolosità degli ogm li avrei dati da mangiare ai miei quattro nipoti?». Polenta modificata per pranzo? «Squisita. In qualsiasi competizione gastronomica è proprio questa ad avere la meglio sulla tradizionale». Nei campi di Vivaro, in provincia di Pordenone, dove Dalla Libera ha deciso di seminare il Mon 810, il mais ogm brevettato dalla multinazionale Monsanto, non trovo le provette, gli imbuti e neppure gli alambicchi dei chimici, ma solo l’ombra di un altissimo albero di magnolia che mi assicura non essere geneticamente modificato e piacere tanto a sua moglie, «quella santa donna che mi sopporta dopo 47 anni di matrimonio». Ma perché non ha coltivato mais biologico? «Perché è una truffa». Una truffa? «Nei prodotti biologici sono presenti rame e metallo. Non mi risulta siano più sani e di certo neppure più produttivi di quelli ogm. Mi spingo a dire che il vero biologico sarebbe ogm».

Di sicuro quelli ogm non sono meno sani di quelli biologici. Lo ha stabilito l’università Sant’Anna di Pisa, da sempre scettica su queste coltivazioni, che in una poderosa ricerca scientifica, e dopo un monitoraggio durato dal 1996 al 2016, è arrivata a questa conclusione: «Gli ogm non sono pericolosi per la salute umana». I dati sono stati pubblicati lo scorso mese sulla rivista Scientific Reports e hanno rilanciato il dibattito sugli ogm che in Italia è cominciato proprio con la decisione di Dalla Libera di ingaggiare una battaglia legale e che ha finito per generare un labirinto di sentenze oltre che una foresta di decreti. «I dati dell’università di Pisa non mi hanno stupito. Li conoscevo. La paura degli ogm è simile a quella che in passato è stata la paura del Capitale, del padrone. Per me è una contesa di libertà. Si può fare terrorismo anche seminando angosce». Ma le angosce, a volte, possono avere un seme. «Che di solito si chiama ignoranza. Voglio precisare che, quando ho deciso di seminare mais ogm, ho seguito la via legale. Almeno fino a che le parti si sono invertite». Cioè? «Fino a quando non si è verificato il paradosso. Le sentenze dei tribunali mi autorizzavano a seminare mentre lo Stato per impedirmi di seminare aggirava le sentenze».

E infatti Dalla Libera si è meritato il titolo del contadino più antipatico d’Italia, un sovversivo con l’elica del Dna al posto della zappa. «Ho avuto il privilegio negli anni ’80 di visitare gli stati dell’Iowa, del Missouri, e di conoscere la scienziata che aveva brevettato la soia ogm. Ho compreso che non avremmo mai potuto competere con questi Stati. Ogni anno importiamo un miliardo di euro di mais ogm». Da dove? «Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania». E però in Francia è vietato… «Ma non hanno i problemi causati dalla piralide, un insetto che provoca tossine e muffe. Queste sì, davvero cancerogene». Ma dunque alla fine il mais quando lo ha seminato? «Vuole dire quando lo abbiamo …». Non c’è solo lei? «C’è anche “Il Fidenato”».

Mi accorgo quindi che il primo prodigio degli ogm non è stato quello di modificare i corpi ma di contagiare il dissenso. A sostenere Dalla Libera, dal 2004, c’è anche Giorgio Fidenato, un altro contadino di Vivaro. Ha 57 anni e due figli. Dalla Libera dice che il loro incontro è stato simile all’innesto tra due spiriti simili. «Ci siamo conosciuti a un convegno sugli ogm. “Il Fidenato” mi ha ascoltato. Gli sono piaciuto. Si è presentato». Dove? «A casa mia dove è nata Futuragra». Cos’è? «Un’associazione di coltivatori che non teme la scienza ma che se ne impadronisce. Oggi i soci sono 900».

Così mi rivolgo a Fidenato e gli chiedo se anche lui farebbe mangiare polenta ogm ai suoi piccoli. «Ho fatto di più. Ho distrutto il mais tradizionale e seminato quello ogm. Per rivendicare questo diritto sono andato incontro a tre processi. Mi hanno sequestrato perfino i beni. Ma siamo ancora qui». E siete ancora considerati dei fuorilegge. «Quando in Italia sono arrivati i primi semi ogm, nessuna legge ne vietava la coltivazione. Bisognava fare richiesta al ministero e ottenere un’autorizzazione che veniva concessa da una commissione». E voi? «Abbiamo fatto richiesta al ministero ma mancava sia la commissione sia i moduli». Che anno era? «Il 2006». La risposta del ministero è così arrivata e come nella migliore tradizione italiana allontanava il peso della decisione alla Regione Friuli. «Ci veniva detto che occorrevano delle “misure di coesistenza” che era compito della Regione fissare». Vi hanno risposto? «Sì. Ci hanno detto che mancavano le linee guida che però doveva fissare lo Stato». Dalla Libera ha fatto ricorso al Tar e poi al Consiglio di Stato che ha riconosciuto le sue ragioni. «Ma il terrore era tale che l’ex ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, ha firmato un decreto per bloccarne la coltivazione». Ha impugnato anche quello? «Ci ha pensato nel 2012 la Pioneer Hi Bred, un’azienda che fornisce sementi, a fare ricorso al Consiglio di Stato. Questa volta il Consiglio di Stato ha chiesto un parere alla Corte di Giustizia Europea. Il tavolo si è spostato. E io nel vuoto legislativo mi sono fatto spazio». Ha coltivato? «Esattamente. Insieme a Fidenato. Ma questa volta la sorpresa è arrivata dai No Global». Vale a dire? «Abbiamo subìto assalti da incappucciati di ogni genere. Fino all’azione dimostrativa con il lancio di fumogeni».

Il 30 marzo del 2014, una squadra di 150 esponenti No global si dirige a casa di Dalla Libera. Iniziano a imbrattare le mura, devastare i campi, depositare letame. «Ma sono così tonti che anziché devastare il mais ogm rovinano quello tradizionale». Che ne è stato di quei 150? «Sono stati naturalmente denunciati. Solo 55 identificati. Sono sotto processo. Ma ancora non si sa nulla». Quanto mais avete raccolto nel 2013? «200 quintali a ettaro». Lo avete anche venduto? «Certo. Non era vietata la commercializzazione». E però, dopo quella raccolta, nel 2013, è arrivato un ennesimo decreto. «Firmato dai ministri Lorenzin, De Girolamo, Orlando». Cosa prevede? «Vieta la coltivazione in nome dell’emergenza». Avete coltivato ugualmente? «Sì. Fidenato ha continuato. Nel 2014, nel 2015. Tutte le volte il raccolto è stato distrutto su ordine della procura di Treviso. Tutte le volte abbiamo ricominciato». Oggi anche la scienza è dalla vostra parte ma l’Italia, ancora, vi combatte. «Ma l’Europa, con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 settembre 2017, ci ha dato ragione. L’Italia non può impedire la coltivazione di mais ogm. È decaduto il decreto Zaia. Il divieto di coltivazione è possibile solo per mezzo dell’altro decreto stratagemma. Sa quali sono le motivazioni dell’emergenza? Motivi paesaggistici. Le sembra che abbia distrutto il paesaggio?».

Dalla Libera mi conduce nel campo dove ha coltivato il mais transgenico. Osservo un campo che non ha nulla di tossico e non vedo esalare fumi. Ero convinto di vedere filtri e pozioni simili a quelli “Polisucco” che la streghetta Ermione, in Harry Potter, utilizza per cambiare aspetto. «Lo spavento deriva dalla falsa comunicazione. Faccio un esempio. Si è parlato di una fantomatica fragola pesce ogm. Ma questa fragola non è mai esistita. Nessuno lo dice, ma gli ogm sono presenti nel cappuccino, nel cotone utilizzato in campo sanitario. Vi fanno ancora paura?». Forse ancora di più. «Perché anche la lingua è sbagliata. Sarebbe il caso di non parlare di contaminazione da ogm ma di commistione tra organismi. Ho studiato poco, ma ho capito che più l’uomo è istruito e più ha paura della scienza mentre la povera gente è la più disposta a servirsene». Perché? «Chi conosce la fatica vuole alleviarla. Per chi non la conosce è più facile conservarla». Non crede che ci sia anche un problema di etica? «Mi sta chiedendo se sono cattolico?». Anche. «Ebbene. Lo sono. Ma non vedo la contraddizione. Insieme alla senatrice a vita, e scienziata, Elena Cattaneo, sono stato ricevuto dal papa. Anche Francesco si è pronunciato a favore delle cellule staminali. Dio non se la prenderebbe». Anche lui mangerebbe ogm? «Sicuro». Quanto ha speso per dare battaglia allo Stato? «Sono stato aiutato dall’Associazione Luca Coscioni e da un avvocato di buona volontà come Gabriele Pirocchi. Alle ultime elezioni, sono stato candidato con la lista Più Europa di Emma Bonino. E pensare che sono solo un contadino…». A proposito, anche quest’anno coltiverà ogm? «Ad aprile. Continueremo. O io o Fidenato». Ammetterà che però il nome Mon 810 è brutto. «Lo possiamo chiamare mais perfetto». Ci sediamo a tavola? «Prego. Gradisce un pranzo ogm?».


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Carmelo Caruso