La Grecia fuori dalla recessione? È presto per dirlo
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Economia

La Grecia fuori dalla recessione? È presto per dirlo

Atene presenta il budget 2015 e vede una crescita del Pil del 2,9% nel 2015. Ma è una stima forse troppo ottimistica. Resta irrisolto il problema debito

La Grecia vede la luce in fondo al tunnel in cui è entrata sei anni fa. Il governo di Antonis Samaras ha infatti presentato il bilancio per il prossimo anno, che contiene le nuove previsioni macroeconomiche. Stime che vedono il Pil del Paese crescere di 2,9 punti percentuali nel 2015. Se confermato, sarebbe un risultato capace di far gridare al miracolo. Tuttavia, le incognite sono numerose. La maggiore riguarda il debito, ancora fuori controllo. A tal punto che il Paese sta negoziando coi creditori un nuovo intervento straordinario.

Il rapporto debito/Pil in Grecia, dal 2002 a oggi

Dopo il grande crollo

Dopo sei anni di recessione, in cui il Pil ellenico si è contratto in modo costante fino a perdere quasi 30 punti percentuali, qualcosa inizia a muoversi. O almeno, secondo quanto afferma il governo. La bozza del budget vede roseo. Il deficit è un ricordo, la crescita dovrebbe vedersi già quest’anno, con un tiepido +0,6%, e il tasso di disoccupazione dovrebbe allontanarsi dal quel 30% che spaventa il governo e la troika composta da Commissione europea, Banca centrale europea (Bce) e Fondo monetario internazionale (Fmi). Il ritorno in grande stile della Grecia è però subordinato a numerosi dubbi. Il primo riguarda gli investimenti esteri, che latitano. Le imprese straniere continuano a preferire a comprare società a prezzi ai minimi, piuttosto che investire direttamente sul luogo. Qualcosa sta mutando, ma lentamente. Inoltre, come ricostruire il Paese dopo la peggiore recessione della sua storia? Come innovare un’economia obsoleta e relativamente chiusa? E ancora: come ridurre il fardello del debito senza un nuovo intervento forzato o un accordo fra Grecia e creditori per un riscadenzamento dello stesso?Domande che per ora non hanno risposta. 

Non vogliamo un terzo programma di salvataggio


La sicurezza di Samaras

Le previsioni elleniche, ricorda Goldman Sachs, sono troppo ottimistiche. Secondo la banca statunitense, non ci sono ancora i presupposti per dire con certezza che Atene è fuori pericolo. Le conferme arrivano anche dalle posizioni assunte dal governo Samaras negli ultimi mesi. Il primo ministro, infatti, continua a chiedere ai partner internazionali un supporto maggiore per alleviare il peso del debito pubblico. “Non abbiamo bisogno di un terzo bailout. Però, servirebbe un programma di riduzione del debito concordato con i creditori”, ha detto Samaras. “Le discussioni continuano, per ora non possiamo aggiungere altro, ma siamo ottimisti”, ha spiegato il leader di Nea Dimokratia. Le negoziazioni si giocano anche sull’uscita di Atene dal programma di protezione sottoscritto con la troika, che ha sostenuto la Grecia con circa 240 miliardi di euro. “Siamo pronti a uscire dal bailout, ma l’ultima parola spetta alla Commissione Ue. Noi siamo fiduciosi”, ha detto Samaras. La decisione dovrebbe arrivare entro dicembre. 

Le stime del governo greco sono troppo ottimistiche

Il fardello del debito

Quello che è certo è che il debito resta a livelli insostenibili. Secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale, anche nel 2015 il rapporto fra debito e Pil sarà superiore a quota 175 per cento. Solo negli anni successivi, se il governo continuerà nelle opere di consolidamento fiscale e di privatizzazione, potrà esserci una riduzione. “Molto dipenderà anche dal ciclo economico. Se positivo, l’indebitamento della Grecia potrà ridursi”, ha spiegato il Fmi nel suo rapporto periodico sull’economia greca. A fine 2015, come confermato dalla bozza del budget ellenico, il debito generale dovrebbe toccare i 318,6 miliardi di euro. Una cifra che supera di gran lunga l’intero Pil del 2013, che si era attestato a quota 185,9 miliardi di euro. 

Il surplus primario è realtà per il 2014 e abbiamo intenzione di continuare su questa linea virtuosa

Il Tesoro ci crede

Il ministro delle Finanze Gikas Hardouvelis è sicuro che Atene sia ormai fuori dalle sabbie mobili. “Il surplus primario è realtà per il 2014 e abbiamo intenzione di continuare su questa linea virtuosa”, ha detto ai cronisti durante la presentazione del bilancio per il prossimo anno. Concetti analoghi sono arrivati da Samaras: “Abbiamo compiuto sforzi inimmaginabili per sei anni, abbiamo ricostruito l’economia e combattuto la corruzione, ora possiamo ritornare a respirare”. Concetti che però si scontrano con la realtà dei fatti. 


La mancanza di investimenti

Secondo l’Ease of Doing Business Index della World Bank, la Grecia è solo al 72esimo posto nel mondo. Dietro quindi Ghana, Azerbaijan e Antigua. Per fare un paragone con gli altri Paesi sotto programma della troika, l’Irlanda è alla 15esima posizione, mentre il Portogallo alla 32esima. La Spagna, che ha visto solo il settore bancario sotto bailout, è alla 52esima posizione, e l’Italia, che non è stata oggetto di un salvataggio internazionale, è poco sopra la Grecia, al 65esimo posto. La competitività dell’economia ellenica è ancora tutta da verificare, nonostante il Paese sia tornato con successo sul mercato obbligazionario dopo uno stop forzato durato anni. Gli investitori, protetti dalla presenza della Banca centrale europea e allettati dai tassi d’interesse dei bond greci, più elevati rispetto alla media della zona euro, sono tornati, ma investono comunque cifre risibili nel Paese. Gli investimenti diretti esteri nel 2012 erano pari a 2,004 miliardi di euro, mentre nel 2013 sono stati pari a 3,279 miliardi. Nell’anno in corso dovrebbero toccare quota 4 miliardi di euro, secondo le stime del governo, ma si tratta di numeri più bassi rispetto a quelli del Portogallo, per esempio. Senza investimenti, e senza innovazione, l’economia greca corre il rischio di ritrovarsi nella stessa posizione del 2009, alla vigilia del bailout. Gli sforzi, per Atene, non sono ancora terminati.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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