Il fiscal cliff in cinque punti
Economia

Il fiscal cliff in cinque punti

Come Obama ha trovato l'accordo per salvare le finanze Usa

Barack Obama è già ritornato alle Hawaii, dopo aver incassato, all'ultimo secondo utile, l'accordo fra i suoi Democratici e i rivali del Partito Repubblicano sulla questione del "fiscal cliff" che ha occupato le prime pagine dei giornali statunitensi (e non solo) nelle ultime settimane dell'anno.

Il secondo mandato si apre bene per il riconfermato inquilino della Casa Bianca: una mancata soluzione del problema, infatti, avrebbe rischiato di far precipitare l'economia nazionale e internazionale di nuovo nella recessione. Senza l'intesa appena raggiunta, infatti, alla mezzanotte del 31 dicembre si sarebbe automaticamente cancellata una serie di agevolazioni fiscali introdotte dal suo predecessore George W. Bush e, contemporaneamente, sarebbero state attivate alcune nuove imposte introdotte dal Presidente nel precedente mandato. Un cocktail di misure che sicuramente non avrebbe stimolato la ripresa.

Il compromesso non era semplice. Ai Repubblicani, infatti, interessava mantenere il pacchetto Bush e spingere allo stesso tempo per una riduzione dei servizi erogati dalla mano pubblica: il Partito dello sconfitto Mitt Romney, sin da novembre, è parso poco incline al dialogo. Ai Democratici, invece, premeva non avallare sgravi fiscali per i più ricchi, un punto su cui si era concentrato il dibattito della campagna elettorale conclusasi a novembre. C'è voluta tutta l'abilità diplomatica e negoziale del Presidente Obama e dei suoi maggiori leader del suo schieramento per tagliare il traguardo, ma continuano ad aumentare gli analisti convinti che il tanto decantato accordo non aiuterà il paese a ristrutturare la propria economia su basi solide. Cerchiamo di capire il perché.

1) Cosa prevede il nuovo accordo fiscale? Anzitutto bisognerebbe ricordare che per la prima volta, dopo circa vent’anni, il governo statunitense approva un provvedimento per aumentare le tasse. Un cambiamento radicale, anche se Obama ha sottolineato in più di un'occasione che grazie al nuovo accordo il 98% degli americani e il 97% delle aziende non saranno sottoposte a nessuna imposta aggiuntiva. Senza aggiungere che questo "privilegio" potrebbe durare, per i più fortunati, non più di dodici mesi...

2) Tasse extra solo per i ricchi, quindi? Di fatto sì, perché l'incremento dal 35 al 39,6% dell'aliquota fiscale interesserà i redditi superiori ai 400mila dollari per contribuenti individuali e ai 450mila per le coppie. Ancora, la tassa di successione passerà dal 35 al 40%, ma solo per le eredità superiori ai 5 milioni, e quella sui guadagni di capitale e dividendi dal 15 al 20%, a patto che il reddito sia superiore ai 450mila dollari. Chi guadagna molto (dai 250mila dollari in su) verrà poi ulteriormente penalizzato dalla riduzione/cancellazione di una serie di deduzioni fiscali e da un aumento dei prelievi sui salari di due punti percentuali utile da impiegare per finanziare il sistema pensionistico federale.

3) E per chi non rientra nella categoria dei paperoni, invece, che cosa cambia? Molto poco, sottolineano i democratici, e la loro situazione (per ora!) non peggiorerà visto che sono stati individuati i fondi per coprire i sussidi di disoccupazione in scadenza per altri dodici mesi (di cui usufruiscono quasi tre milioni di americani) e i crediti d'imposta per i poveri. Ancora, tagli automatici per circa 110 miliardi di dollari che avrebbero interessato un po' tutti i contribuenti sono stati rimandati di (appena) due mesi.

4) Questi dettagli sono più che sufficienti per confermare che l'accordo di Obama resta sì un successo bipartisan di grande portata, ma anche molto deludente nei contenuti. Complessivamente le nuove entrate sono state stimate in circa 600 miliardi di dollari in dieci anni. Una quantità di denaro del tutto insufficiente per risanare il debito federale, che ha toccato quota 16.400 miliardi (l'obiettivo del Presidente era di riportarlo, in un massimo di dieci anni, sotto la soglia dei 4mila miliardi). Che non metterà a disposizione del governo nuove risorse per rilanciare la crescita, e che non risolve i problemi dei più poveri visto che le misure che li riguardano scadranno tra un minimo di due e un massimo di dodici mesi.

5) Infine, il fatto che il capitolo sui tagli alla spesa pubblica sia rimasto aperto aumenta il tasso di incertezza sul futuro dell'economia americana. Che si prospetta sempre più grigio da ben quattro punti di vista: occupazione, consumi, immobiliare e produzione industriale.

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