Fiat, i tre motivi per cui i mercati non credono a Marchionne
Imagoeconomica
Economia

Fiat, i tre motivi per cui i mercati non credono a Marchionne

Il tonfo in Borsa del titolo del Lingotto si spiega con la bassa redditività attuale del Gruppo e con il suo ancora enorme indebitamento

“Gli investitori dubitano seriamente che Fca abbia la capacità di sostenere un piano così ambizioso di investimenti, riuscendo allo stesso tempo a ridurre il proprio indebitamento”. E’questa, in maniera molto sintetica, la motivazione che secondo l’economista Giuseppe Berta, da sempre profondo conoscitore delle dinamiche di casa Fiat, starebbe dietro il pesante crollo in Borsa del Lingotto dopo la presentazione a Detroit del nuovo piano industriale di Fiat Chrysler Automobiles (Fca). Un tonfo dell’11,6% che ha reso evidente quanto i mercati finanziari nutrano forti perplessità circa la realizzabilità dei progetti presentati da Sergio Marchionne.

ECCO COSA PROMETTE MARCHIONNE

Stiamo parlando infatti di un programma di investimenti da 55 miliardi di euro da qui al 2018, con la promessa di vendite complessive che dovrebbero lievitare dagli attuali 6 milioni di veicoli a 7,5 milioni di mezzi. Il tutto con ricavi che dovrebbero arrivare a quota 132 miliardi, con 5 miliardi di utili e con un monte debiti sotto il miliardo. Ma è proprio quest’ultimo dato a suscitare le perplessità maggiori,visto che attualmente l’indebitamento netto del Gruppo è salito a 13,24 miliardi di euro dai 10,158 di fine 2013. Si capisce allora come a livello di mercati finanziari ci siano più di una ragione per guardare con grande sospetto alle promesse di Marchionne.

”Innanzitutto – spiega il professor Berta – siamo in una fase di pesante discesa della redditività di Fca. Nell’ultimo trimestre infatti i dati sono stati molto negativi a livello mondiale, e questo certo stona parecchio con la volontà di mettere in campo nuovi investimenti”. In secondo luogo poi, ci sono forti dubbi sul fatto che realmente in solo quattro anni si riesca a realizzare tutto quanto annunciato ieri dal quartier generale di Auburn Hills. “Non sarebbe la prima volta che Marchionne rivede al ribasso eventuali suoi annunci – fa notare ancora Berta -. Questo però fa un po’parte della strategia messa da sempre in campo dal manager italo-canadese, accusato più volte di realizzare i propri piani solo al 50-60%. D’altronde l’ad di Fiat ha più volte precisato in passato che la realizzabilità delle sue idee si deve sempre confrontare con la realtà dei fatti, e se ci sono ostacoli insormontabili, semplicemente ci si ferma”.

SE I PROGETTI DI FIAT RACCOLGONO CONSENSI

Insomma, in pratica, i piani di Marchionne si devono autoalimentare. Questo significa, ad esempio, che lo stanziamento dei 5 miliardi da investire sull’Alfa Romeo, sono condizionati dai risultati che otterranno i primi nuovi modelli del Biscione: se funzionano si va avanti, altrimenti si bloccano le risorse. “E’ come dire –aggiunge Berta – che Marchionne propone un viaggio da Milano a Roma, ma se le cose vanno male, ci si può sempre fermare a Firenze”. Un ultimo pesante punto interrogativo riguarda poi la reale fattibilità di due dei più importanti programmi di rilancio resi noti da Fca, ossia quelli di Jeep e Alfa Romeo. Il primo marchio nei primi 4 mesi del 2014 ha venduto nel mondo 296mila modelli. Per quest’anno però l’obiettivo era di 800mila vendite, un limite che ora è stato spostato a un milione, che dovrebbero diventare quasi 2 per il 2018. Per il brand di Arese invece, come già accennato, sono pronti 5 miliardi investimenti per realizzare 8 nuovi modelli e far letteralmente schizzare le immatricolazioni dalle attuali 74mila vetture a 400mila nel 2018.

FCA, L'ITALIA NON SARA' DIMENTICATA

“E’ evidente – sottolinea Berta – che si tratta di due processi di moltiplicazione di vendite decisamente molto ambiziosi, per qualcuno forse troppo. L’esempio della Maserati infatti, che ha visto le proprie immatricolazioni balzare da qualche migliaio fino a circa 50mila, non tiene, perché stiamo comunque parlando di una nicchia. Jeep e Alfa Romeo invece si rivolgeranno ad una platea decisamente più ampia e la sfida sarà davvero dura”. Sergio Marchionne prova a guardare comunque oltre l’ostacolo e scommette sul futuro, e forse è questa la grande differenza con i mercati finanziari. “Inutile nasconderselo – conclude infatti Berta -: gli investitori di Borsa ragionano sempre sul breve periodo, di tre mesi in tre mesi, ovvio dunque che di fronte a programmi di questa portata, siano sempre un po’ spaventati”.

UNA MASERATI A TUTTO GAS

I più letti

avatar-icon

Panorama